giovedì, gennaio 30, 2020

Spine Race 2020 - seconda parte

Uscito dal CP1 comincio ad avere buone sensazioni per quanto riguarda il prosieguo della gara. Mancano ancora più di duecento miglia, ma nel corso della giornata ho preso contatto con molti elementi della gara e mi sembra di cominciare a capirci qualcosa.
Sul Bogs successivo un paio di atleti mi pressano per andare più veloce. Li lascio passare ma al bivio successivo si fermano, consultano mappe e gps prima di prendere una decisione sul dove andare. Ecco questo stop and go è il modo in cui proprio non voglio andare. Li supero e cerco di distaccarli. Ad un bivio seguo una freccia gialla senza consultare il gps. La lampada degli inseguitori mi conforta e continuo a forzare. Quando poi controllo il gps (troppo tardi) l'amara realtà è di essere finito fuori traccia. Alle spalle non c'è naturalmente più nessuno e le frecce gialle che ho seguito indicavano un altro sentiero. Torno indietro con la coda tra le gambe, ma perlomeno incontro un terreno un po' corribile. Presto raggiungo un nuovo corridore che stranamente vuole parlare. Mi dico perché no, è notte, un po' di calma e di dialogo mi distolgono dalla sonno. Il mio nuovo socio riesce a navigare molto bene così che non mi pesa più di tanto camminare invece di correre. Quando, però, ritornano interminabili Bogs, mi tocca rallentare e così rimango da solo fino all'alba di lunedì. Qui mi accorgo che senza dormire non vado da nessuna parte. Troppo lento, troppa fatica e molto facile sbagliare la navigazione. In una stalla diroccata mi siedo e faccio un pisolino di qualche minuto. Quando mi sveglio riprendo molto bene. Ora mi trovo nel territorio delle fattorie. Piccoli villaggi, muri divisori da passare nei punti giusti e tantissimo fango. Una quantità esasperante che l'organizzatore ha pensato bene di ravvivare, nei punti più bastardi, con cartelli tipo "Sorridi, ricorda che hai pagato per questo". Perlomeno col sole la navigazione è molto più semplice. In una fattoria una troupe di ITV mi ferma per un'intervista che concedo volentieri.

Incontro diversi cambiamenti di percorso che l'organizzazione ha dovuto effettuare per il troppo fango. Li accetto molto volentieri perché di solito sono su strade asfaltate e lì riesco a correre bene.
Il sole è solo una piacevole parentesi e per il pomeriggio è prevista acqua, molta acqua.

Riesco appena a raggiungere il checkpoint 1.5 di Malham Tarn che sta inbrunendo e un signor temporale che avanza.  Qui decido di dormire. Mi mettono a disposizione uno scantinato. Gli altri soci che sono già dentro non riescono a dormire ed escono appena comincia a piovere. Così ho lo stanzino solo per me e riesco a dormire quasi due ore. Quando mi sveglio, però, il mio sacco a pelo è in mezzo all'acqua, lo stravento ha fatto entrare della pioggia. Però ora ha smesso e bello riposato decido di ripartire.

La strada verso il CP2 di Hawes è ancora lunga, ma già so che la salita di Penn-Y-gent è stata tagliata per il troppo vento. Prima però c'è la salita verso Fountain Fells, che con la luna piena e un sentiero ghiaiato sembra quasi troppo bella per essere vera. Parliamo di salite di 300/400 metri di dislivello.
La realtà della Spine torna prepotente in cima con la discesa. Nebbia, un vento che mi tocca mettere  gli occhiali da sci e un fango dove è impossibile rimanere in piedi. Bestiale. Sulla diversione di Penn-Y-gent, invece vado molto bene. Però la strada alternativa non ce l'ho sul Gps e i cartelli che hanno messo (forse tre in 5 km) mi mettono più di un dubbio. Aspetto che arrivi qualcuno da dietro e un veterano (4 volte al via) mi conferma la via. Un breve ristoro notturno in una palestra e via verso Hawes. In mezzo, però, ci sono ancora da passare i Three Peaks. Che altro non sono che tre collinette, ma immerse nei Bogs.

Come mi capita spesso in queste zone, mi trovo da solo a gestire la navigazione. Le batterie del Gps si scaricano. Il display però rimane acceso e la posizione dice che sono in traccia, solo che non si aggiorna. Posso andare dove voglio che sono sempre in traccia.
Ad un certo punto mi trovo in una piccola giungla in mezzo a canali d'acqua e le lampade che mi seguivano sono tutte spostate a sinistra. Ho sbagliato ancora la navigazione e solo ora mi ricordo che con le batterie scariche il Gps non aggiorna la posizione. Non mi trovo in un ambiente in cui è comodo cambiare le batterie del Gps, così provo a correre a dietro alle luci in lontananza. Riesco a raggiungerne un paio, ma non gradiscono che qualcuno segua senza navigare. Così o accelerano o si fermano. Provo a dialogare, ma nessuno vuole parlare. Intanto si è alzato un gran vento che non me la sento di stare senza Gps. Faccio una gran fatica a cambiare le pile con le mani nude, che ora non funzionano senza guanti.  Finalmente il gps si riaccende, e anche se ora sono solo, posso di nuovo navigare autonomamente.

Seguo un cartello ad un bivio ma non sono in traccia. Strano. Vedo una lampada sotto e vado lí. È un giapponese che mi dice che ha freddo e non riesce a trovare  la via. Ha un Gps da polso con uno smartphone. Con un'attrezzatura del genere non dovrebbe essere neanche in gara. Gli dico che è meglio seguire il cartello e poi vedere. Dopo un po', infatti, il Gps ritorna in traccia e possiamo continuare con meno patemi.
Arriviamo finalmente al CP2 di  Hawes alle 6:26 del mattino di martedì ed ho voglia di dormire. È quasi chiaro, ma un po' di sonno con una doccia mi rimettono in sesto.

Dopo aver regalato alla branda due ore di navigazione con la luce, riparto alle 10:30 die marterdì con un cielo carico di nubi e pioggia. Tornerei volentieri a letto. Le previsioni dicono pioggia e neve fino a mercoledì. Eppure all'inizio viaggio molto bene, vento leggero, qualche goccia e no. Salitella con un po' di sassi. Tutto facile fino al plateau. Qui parte, come al solito, il classico vento micidiale da cresta e la pioggia diventa subito neve (lo "storm Brendan"). Fino a quando non trovo un riparo, non riesco a mettermi i guanti pesanti e gli occhiali da sci. Certe condizioni bisogna prevenirle.

La pioggia continua incessante fino al pomeriggio. Ad un certo punto metto le mani in tasca per rimettermi i guanti pesanti, ma con mia sorpresa ne trovo solo uno. Ottimo mi dico, continuo a cadere sull'erba, sono sempre dalla parte sbagliata del muro da scavalcare, e sopratutto, c'è ancora tutta la notte da affrontare con questo tempo da lupi. Ed ho un solo guanto pesante.

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Bogs

Tempesta "Brendan" che non promette nulla di buono
per i primi giorni della gara

Non è mancata la neve in cresta

Acqua! Martedì appena prima di Thwaite

Sopra neve, sotto acqua


sabato, gennaio 25, 2020

Spine la gara - Inizio

Arrivo a Manchester di venerdì, fila all'aeroporto e nella stazione dei treni devo imparare a prendere quello giusto, quello che mi porta al mio alloggio nel paese che si chiama Hope, Speranza, vicino al paese della partenza Edale.
Nella breve passeggiata verso la mia camera al pub Cheese Inn una macchina si ferma e mi chiede se voglio un passaggio fino a Edale. Ringrazio, ma dico che mi fermo qui a Hope. Interessante che da queste parti siano le macchine a chiedere ai passanti di salire. All'ora di cena al pub arriva una delegazione della gara, tra di loro anche una troupe televisiva giapponese che seguirà i partecipanti del sol levante.

Il sabato è il giorno del check-in. Vado a Edale a piedi per vedere un po' come sono le vie da queste parti. Salitelle su vie ben solide di prati, ma quando arrivo in cima alla collina incontro per la prima volta il vento inglese che regna incontrastato su queste creste. Una sventagliata non da poco, tanto per chiarire che se mi aspettavo una campestre stile arginelli bredesi, qui mi devo ricredere.
Al controllo devo mostrare 9 elementi obbligatori. Quando mostro i miei pantaloni per la pioggia inov8, che sono in linea teorica da regolamento, mi chiedono se veramente voglio usarli in gara. Dico perché no, quando piove me li metto e poi li tolgo. La ragazza del controllo scuote la testa e dice che questi pantaloni nel giro di mezz'ora si rompono. Dico va bene ne terrò conto ed userò quelli più robusti. Foto di rito, mi attaccano il tracker e mi dicono che sono ufficialmente in gara.

Al briefing  l'organizzatore parla della difficoltà della competizione, che l'elemento principale di difficoltà è il meteo.
E che quest'anno non sarà un eccezione.

Domenica la partenza alle 8 da Edale. Ci arrivo accompagnato dal titolare del pub, che dopo dieci minuti di auto mi lascia al mio destino. I dubbi dei giorni precedenti sul come vestirmi sono chiariti subito dal meteo: pioggia e vento. Quindi giacca e pantaloni gorotex e calze resistenti all'acqua. Alle otto la luce del giorno è abbastanza per non usare la lampada. Parto in fondo al passo. All'inizio ci sono dei pezzi facili, ma non mi smuovo dal cammino. Mi dico che in 268 miglia (431 km)  ce ne saranno dei pezzi da  correre. L'inizio non è uno di quelli. Penso in miglia perché sono meno e con i numeri in chilometri, tipo quattrocento, faccio fatica a realizzare.
L'inizio è veramente difficile. Mi sento estraneo alla gara, piove cammino su una salita fangosa e scivolosa. Vento, nebbia il serpentone davanti che tira e molla per non perdere quello davanti che indica la strada. Neanche due ore di gara e mi chiedo cosa sto facendo qui. Poi il terreno cambia ed incontro per la prima i "bogs" (biotopo o torbiera). Questo primo pezzo è tutto coperto da pietroni di granito. Mi dico bene, qui posso correre e tac finisco in terra. Nel giro di mezz'ora riesco a cadere tre volte su questo tipo di percorso. Il tizio della fila indiana che mi sta dietro se la ride e mi dice di stare attento. Al momento non ho capito nulla di questo posto e cerco di rimanere in piedi.

Finisce di piovere e il terreno diventa più amico. Decido di accelerare un po' per vedere se riesco ad andare da solo. Il gruppo col quale sono stato fino ad ora è quello dei camminatori hard-core, di quelli che non correranno mai.
Il primo impatto con la navigazione non è male, un occhio al gps ogni tanto e riesco ad andare bene. Le vie, però, sono coperte da nuovi corsi d'acqua creati dalla pioggia ed un guado chiama l'altro. Un tizio che mi trovo davanti prova a sondare un canale. Gli chiedo cosa sta facendo. Mi risponde che cerca il punto meno profondo. Saluto e tiro dritto nel canale con l'acqua che mi arriva alla coscia mostrandogli un passaggio che non sceglierà mai. Penso che il tizio sia ancora là a sondare.
Sono contento delle mie calze resistenti all'acqua, anche con passaggi profondi come questo il piede sta bene. La corsa, una natura spettacolare come non avevo mai visto e strade a volte semplici, mi mettono di buon umore ed in sintonia con la gara.

Verso le 16 la luce diurna cala e mi devo preparare per il buio. Nelle ultime ore sono sempre andato del mio ritmo e per questo sono stato quasi sempre da solo. Così mi sono confrontato con la navigazione, che, su un percorso non segnato, è fondamentale.

Sono davanti ad un paio di corridori e al rifornimento acqua faccio un pausa. Chi mi segue non fa la pausa al rifornimento e così mi ritrovo al primo buio da solo senza riferimenti in un posto che non conosco minimamente. Massima fiducia nel gps e nelle mie mappe, che in totale sono 135, e avanti.
All'inizio mi oriento facilmente, poi scende un nebbione e raggiungo un posto che si chiama Black Stone, la roccia nera. Roccia nera ovunque nella nebbia. Non vedo sentieri, calpestii, solo pietre nere di varie forme. È veramente impegnativo tenere un ritmo decente, la via sulla mappa e sul gps è dritta, quindi facile in teoria, ma l'ambiente è da panico. Mi raggiungono da dietro ma ormai il peggio è passato.

La strada diventa facile da seguire, abbastanza corribile e il primo check point a Hebden è solo questione di pochi minuti. Ci arrivo alle 23:29 un'ora che è nella media, forse un po' lenta.
Ritrovo la mia borsa, che mi seguirà in tutti i prossimi checkpoints principali, con tutti i vestiti a disposizione. Cambio le mappe, mangio qualcosa e via subito verso il secondo checkpoint senza dormire.

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Percorso completo della Spine Race.
Partenza da Edale e arrivo a Kirk Yetholm


Passaggio nel bog dei primi due: Kelly e Rossello

Dettaglio dei pietroni di granito messi nel biotopo


Prima salita

Appena partiti



Video creato dalla troupe Giapponese

lunedì, gennaio 20, 2020

Spine Race 2020: well done!

Bericht auf Deutsch here.

Arrivo con Antonio 
200 miglia appena passate
Dopo 138h:48':37" ho terminato la Spine Race 2020 in 23-ema posizione uomini (27 generale). Gara ben oltre le mie aspettative che mi ha sorpreso per la difficoltà del terreno fangoso, pioggia, neve  e con condizioni di vento alle quali non avevo mai avuto a che fare.
Totale di 63 finisher, 83 ritirati durante la gara e 16 non si sono presentati al via.

Un resoconto completo segue.



Video dell'arrivo venerdì notte


Intervista sul muro di Adriano, dopo 200 miglia, giovedì


Uscita dal CP4 in Alston


Reportage della tv Giapponese

mercoledì, gennaio 08, 2020

Tutto pronto per la Spine Race

Terminato anche l'ultimo allenamento in vista della mia prossima gara, ecco i dati per seguire l'evento dal comodo divano:

Gara: Spine Race.
Livehttp://live.thespinerace.com/
Pettorale numero: 228
Partenza:  domenica 12 gennaio ore 8:00 da Edale (ENG)
Arrivo tempo massimo: domenica 19 gennaio ore 8:00 a Kirk Yetholm (SCO)
Distanza: 268 miglia, circa 430km
Modalità gara: non stop, max 168 ore
Equipaggiamento obbligatorio: zaino da circa 7 Kg

Il record della gara appartiene ad una donna (Jasmin Paris) che è arrivata il mercoledì sera alle 19 circa dopo 83 ore.

mercoledì, gennaio 01, 2020

Manca poco e nuovo anno solare

Mancano veramente pochi allenamenti prima del mio debutto nella Spine Race in terra inglese, che anche il tradizionale rito di San Silvestro è passato in secondo piano.
Vale a dire la gara del 31 dicembre attorno al Ring Viennese, questa volta terminata in 26':37", che non ha nulla a che vedere con quello delle passate edizioni. Corso con lo zaino dei ricambi e acqua, partito coi nordic walkers e provato solo tre km con un ritmo attorno ai 4':30". La splendida medaglia finale ha dato un senso a questa mia partecipazione, dove avevo solo da perdere a pochi giorni dal via della Spine.

Ho anche definito tutto il materiale da portare in Inghilterra, ma durante le mie uscite a zaino carico ho trovato modo di sostituire alcuni elementi che non mi soddisfano fino in fondo. Penso di scrivere un post dedicato al materiale dopo la gara.

Mi chiedo se sia possibile incrementare la condizione a undici giorni dal via, ma ormai la situazione è quella che è. Le quattro gare disputate negli ultimi tre mesi (Colonia, WRU, 10km Benefiz, 5,3km Ring) presentano dei risultati impietosi e sono, talvolta, le mie peggiori prestazioni sulla distanza.
Basterà per partire con calma?

Qualche statistica dell'anno 2019 appena passato:
Chilometri percorsi in varie gare:  891 Km
                                                D+: 33'345 metri
Numero di gare: 19
Ultra sopra i 100: 4
Ultra tot: 6
Km in Ultra: 624 Km con 27'770 D+
Numero di maratone: 3
Gare su distanze corte (dist max 32km): 10
Migliore prestazione personale: Ötschermarathon,  Dirndltal Extreme,  Adamello Ultra Trail





mercoledì, dicembre 18, 2019

Allenamento Spine

Mancano poche settimane al via della Spine (partenza domenica 12 gennaio mattina) e mi ritrovo nel pieno degli allenamenti finali.
Non sono stato lì a pensare  dei lavori particolari, semplicemente uscite tranquille, più lunghe rispetto al solito e zaino pesante da gara in spalla.

Debbo dire che dopo il WRU, al momento della fase finale della preparazione, sono stato molto scettico sul da farsi. Problema al tallone destro che ogni tanto si fa sentire, materiale obbligatorio da procurare e sistemare nello zaino. Poi l'acqua, il cibo da consumare in gara e la logistica della trasferta. La navigazione e la gestione delle pause. Ce né abbastanza per cominciare a dubitare.

Piano piano ho raccimolato tutto il materiale, le uscite sono diventate sempre più continue, sistemato  la logistica e così è tornata la fiducia. Ma non solo, dopo quest'assaggio di inverno viennese, ora ho proprio voglia di partire.

Per un'idea, forse un po' esagerata, di quello che vuol dire preparare il materiale per la trasferta, un partecipante della gara del gennaio scorso ha postato questo video, che mi ha lasciato un po' stupefatto. Ma alla fine, anche se non mi porterò dei guantoni polari, del materiale da portare ce né.




sabato, novembre 30, 2019

Verso la Spine Race

Tipico paesaggio da Spine, muro da scavalcare
e cartello di legno.
Ora trova la scala per passare sopa il muro
Archiviata il Wien Rundumadum edizione 2019, ora mi trovo nel pieno della preparazione alla mia prossima e ultima gara stagionale, anche se sarà già all'inizio del 2020.
La gara è la Spine Race, che si svolgerà in Inghilterra il prossimo 12 gennaio 2020.
Il percorso si snoda lungo il trail a balissaggio fisso denominato  "Pennine Way", immerso in diversi parchi nazionali inglesi.
Il materiale obbligatorio che dovrò portare con me conta trenta elementi, una quantità alla quale non sono abituato. Su tutti un sacco a pelo, stuoia, fornello da campeggio, gps a pile, e 3000 calorie in cibo.

Gli acciacchi che ho accumulato durante la maratona di Colonia, e confermati nel WRU, sono ormai passati così che la fiducia è ora buona.

Per me, la Spine, sarà una tipologia di gara da scoprire e conoscere. Troppe sono le incognite, come la navigazione, pause da gestire autonomamente per una settimana, alimentazione e meteo. In questo contesto il ritmo da tenere in gara, che è di solito la base sulla quale si basa la preparazione della gara,  diventa perlomeno comprimario, se non secondario.

Elenco ufficiale dei partecipanti
L'elenco ufficiale degli iscritti alla gara del 12 gennaio 2020 si trova qui.
Il live della gara si trova qui.