Mancano pochi giorni alla mia partenza per il Friuli Venzia Giulia (MMT 100) e voglio fare un po' il punto della situazione sul mio materiale. La gara MMT 100 ha una lista con materiale obbligatorio e fra questi c'è lo zaino. Quindi rispetto alle scorse competizioni, IN sarà lo zaino Ultimate Direction SJ da 9L e OUT saranno le bottiglie a mano. Confermata la lampada frontale Ay up, mentre per quella di riserva userò la rodata Petz Zipka Plus 2. In questa categoria, la nuova entrata IN sarà una batteria di riserva per AyUp. Sono sempre stato scettico sull'uso dei bastoni, ma già dalla prima uscita ho cambiato subito idea e IN ci saranno, allora, anche un paio di bastoncini Black Diamond Ultra.
Un capitolo a parte lo merita le scarpe. Ho viaggiato fin dall'autunno 2013 con le Inov8 trailroc 243 in tutte le gare che ho corso fuori dall'asfalto. Mi sono trovato sempre molto bene, ma dopo il Dirndltal ho dovuto cambiarle in quanto mi hanno lasciato dei piedi spappolati nel dopo gara. Ho bisogno di più confort nelle gare lunghe, specialmente quando le ore di gara superano la decina. Allora OUT le trailroc 243 e IN le Patagonia Everlong che hanno lo stesso peso, non lo stesso grip e la stessa flessibilità in punta, ma hanno molto più ammortizzamento sull'avanpiede.
Capitolo orologio e Gps. Al Dirndltal ho usato il sole in quanto il mio Garmin 305 non riesce a stare acceso per più di otto ore mentre la strada già la sapevo. Ho guardato vari modelli della Garmin e Sunto, che offrono degli orologi adatti a gare di trail lunghe, ma non mi hanno convinto in quanto sono pesanti e costosi. Il gps, al limite, mi interessa per una navigazione d'emergenza e per vedere la strada che ho fatto alla fine della gara, mentre la velocità di crocera in montagna, così come il valore del cuore, non mi interessano. Ho trovato IN un gporter gp102 che, come gps logger mi va bene anche se, purtroppo, ha solo un'autonomia di 15 ore senza possibilità di cambiare la batteria, autonomia testata personalmente un paio di volte. Messo nello zaino funziona bene, lo accenderò nella parte finale di gara oppure quando perderò la strada. Per sapere il tempo in gara avevo pensato al Casio F-91w ma probabilmente non lo userò in quanto ha un cronometro che dopo un'ora si resetta e allora per sapere l'ora mi va bene anche il telefonino. Quindi il Casio sarà OUT e confermato il sole, le campane e tutti quelli che mi diranno l'ora.
Come bevanda, OUT il Tocai in quanto il nome spetta solo al vino ungherese, che non è imparentato con l'omonimo del Friuli Venezia Giulia e IN la birra, bevanda isotonica per eccellenza che spero mi rimetta in piedi nei momenti più difficili. Ho letto da qualche parte che il Tocai si chiama ora Friulano, mi accerterò sul posto.
Per finire, mi ha molto interessato conoscere qualcosa di più della regione dove andrò a correre. IN il libro di Sergio Maldini "La casa a Nord Est", mentre, per un'altra edizione della MMT 100 potrei dare un'occhiata anche a Pasolini e Hemingway due famosi scrittori che hanno lasciato una traccia indelebile nel Friuli. OUT, invece, tutte le tabelle che mi dovrebbero portare a correre la mia prima cento miglia. Dove lo trovo il tempo per seguirle?
venerdì, settembre 26, 2014
domenica, settembre 21, 2014
Anninger, corsa sulla montagna
Sprint finale |
I primi metri sono in discesa, ma con la strada larga raggiungo subito un gruppo che va a buon ritmo. Quando la strada comincia a salire sono entrato nel bosco. Ho tenuto a vista un paio di personaggi che conosco di vista ed hanno passo, di solito, un po' più veloce del mio. Mi è bastato tenere un ritmo costante per raggiungere e superare via via diversi corridori. Alla fine ho avuto anche la gamba per un buon sprint finale che mi è valsa la 18-ema posizione rapinata, con un tempo di 34':31". Risultato abbastanza in linea con la prestazione del 2011 dove, però, si correva dall'altro versante della montagna. La discesa verso la partenza la faccio con una vecchia conoscenza che non vedevo da molti anni, il quale, dopo aver gareggiato nel triathlon e in gare come race across Austria, ha deciso di cercare nuovi stimoli nelle gare di trail.
Ora mi aspetteranno due interminabili settimane di allenamenti con il freno a mano tirato prima della partenza verso l'Italia, dove correrò la mia prima 100 miglia, con una condizione che, ormai, è quella che è. La classifica finale si trova qui.
Sentiero a pochi metri dal traguardo |
sabato, settembre 06, 2014
Corsa sulla Rax e Businessrun
La settimana appena trascorsa ha segnato il mio ritorno alle gare: due in tre giorni. La prima è stata la Businessrun, un evento di massa da 27000 iscritti per correre in tondo 4,1km asfaltati e piatti. Se correre un ultramaratona rimane una questione irrisolta, mi sarebbe piaciuto sapere il parere di un extra-terrestre, che per caso fosse passato sopra il Prater quella sera, sullo spettacolo dei ventisettemila sportivi in divisa sponsorizzati dai propri datori di lavoro. Si parte a branchi, i primi alle 18:45, gli ultimi alle 20. Il mio scaglione, l'ultimo, è partito quando ormai era buio ed è stata, la mia, più una gara di slalom e cross country che altro. Ad un certo punto credevo di essere nel blocco di quelli che corrono telefonando. Penso che l'organizzatore, in futuro, dovrebbe stilare una classifica apposita in quanto ho visto dei gran specialisti. In ogni modo è sempre bello gareggiare in questi eventi di massa, sopratutto l'analisi dopo l'arrivo, nel gazebo del dopogara, dove a base di bevande isotoniche come la birra, ci si scambia opinioni sulla corsa tra colleghi di lavoro.
Due giorni dopo sono tornato a gareggiare sulla montagna della Rax, che nel 2011 mi regalò un incredibile podio di categoria. Questa volta il meteo è stato diverso, pioggia leggera, nebbione in quota e basse temperature. Mi sono portato appresso due nuove paia di scarpe, le Ultra Sense 1 della Salomon e le Roclite 295 dell' Inov8, con le prime già ai piedi e senza calze, come le star. Ho chiesto le condizioni del terreno al mio vicino di parcheggio e mi ha detto che è un po' bagnato. Allora ho deciso di cambiare scarpe e di indossare le più sicure Roclite 295, più pesanti, ma dal profilo più marcato. Il mio vicino, al mio cambio, mi ha guardato con sorpresa e mi ha detto che lui aveva un solo paio di scarpe, per la verità abbastanza datate, che gli bastano e avanzano. Al via sono partito prudente e ho cercato di tenere un ritmo decente nella varie salite dei 1100 metri di dislivello che mi dovevano portare all'arrivo dopo 9 interminabili chilometri. La corsa, però, non mi è riuscita molto bene e così sono passato molto presto al passo. Non ho avuto la forza di correre sulle salite come nel 2011 e il mio passo da mangia polenta in salita era quello che era, vale a dire lento. L'umidità, la nebbia e l'appannamento degli occhiali, mi hanno tolto di fatto anche l'ultima possibilità di correre nella breve discesa finale. Alla fine ho impiegato 1h:16' per tagliare il traguardo in mezzo alle nuvole a braccia alzate e col sorriso stampato in viso, forse più per la voglia di nebbia padana che per il confortevole 25-mo posto conquistato. Immancabile l'appuntamento in baita per il ristoro conclusivo dove ho ritrovato il mio vicino di parcheggio. Con la consapevolezza di non essere mai scivolato grazie all'ottimo grip delle mie nuove fiammati Roclite 295, gli ho chiesto come è andata la sua gara. Mi ha risposto che è andata bene: primo posto assoluto, così come quello di categoria anni 50, e tutti a casa quelli che credono che con le scarpe super tecnologiche si fanno i risultati, oppure che la vittoria è solo una questione tra under 35. La classifica finale qui.
Arrivo sulla Rax |
Due giorni dopo sono tornato a gareggiare sulla montagna della Rax, che nel 2011 mi regalò un incredibile podio di categoria. Questa volta il meteo è stato diverso, pioggia leggera, nebbione in quota e basse temperature. Mi sono portato appresso due nuove paia di scarpe, le Ultra Sense 1 della Salomon e le Roclite 295 dell' Inov8, con le prime già ai piedi e senza calze, come le star. Ho chiesto le condizioni del terreno al mio vicino di parcheggio e mi ha detto che è un po' bagnato. Allora ho deciso di cambiare scarpe e di indossare le più sicure Roclite 295, più pesanti, ma dal profilo più marcato. Il mio vicino, al mio cambio, mi ha guardato con sorpresa e mi ha detto che lui aveva un solo paio di scarpe, per la verità abbastanza datate, che gli bastano e avanzano. Al via sono partito prudente e ho cercato di tenere un ritmo decente nella varie salite dei 1100 metri di dislivello che mi dovevano portare all'arrivo dopo 9 interminabili chilometri. La corsa, però, non mi è riuscita molto bene e così sono passato molto presto al passo. Non ho avuto la forza di correre sulle salite come nel 2011 e il mio passo da mangia polenta in salita era quello che era, vale a dire lento. L'umidità, la nebbia e l'appannamento degli occhiali, mi hanno tolto di fatto anche l'ultima possibilità di correre nella breve discesa finale. Alla fine ho impiegato 1h:16' per tagliare il traguardo in mezzo alle nuvole a braccia alzate e col sorriso stampato in viso, forse più per la voglia di nebbia padana che per il confortevole 25-mo posto conquistato. Immancabile l'appuntamento in baita per il ristoro conclusivo dove ho ritrovato il mio vicino di parcheggio. Con la consapevolezza di non essere mai scivolato grazie all'ottimo grip delle mie nuove fiammati Roclite 295, gli ho chiesto come è andata la sua gara. Mi ha risposto che è andata bene: primo posto assoluto, così come quello di categoria anni 50, e tutti a casa quelli che credono che con le scarpe super tecnologiche si fanno i risultati, oppure che la vittoria è solo una questione tra under 35. La classifica finale qui.
lunedì, settembre 01, 2014
Perché corro un'ultramaratona
Non sempre è possibile evitare domande scomode |
Leggo i racconti di gare di altri personaggi che corrono come me e trovo molti riferimenti a questo tipo domanda. "Le mie 10 ragioni perché corro un ultra trail", "Sette motivi per correre un ultra" e altri interessanti posts sulla stessa linea, uno addirittura ci ha scritto sopra un libro (già ordinato). Potrei imparali a memoria, sono argomenti ragionevoli e infine recitarli al mio interlocutore appena si dovesse lasciare scappare la famigerata domanda.
Però mi chiedo, veramente sono nato per correre? Fossi nato al posto di mio nonno, avrei corso per i campi anziché andare a segare delle rive? Oppure lui non lo sapeva, come suo padre e il padre di suo padre che era nato per correre? L'uomo riesce a correre più a lungo di ogni altro animale, ma i cavalli che regolarmente sfidano le persone in gare di resistenza hanno seguito la tabella di allenamento personalizzata, test del lattato, cardiofrequenzimetro, montato ferri in carbonio, selle in titanio ultraleggere e scaricato l'ultima App per mantenere alta la motivazione, prima dell'inesorabile sconfitta? Leggo di endorfine, runner's high e altri stati di alterazione generici che magari in un'altra epoca si scoprivano all'osteria o in altri luoghi di malaffare e se chi mi sta davanti poi capisce male?
Corro diciotto ore perché ne sono capace, perché è possibile. Come riesco a contare quanti cartelli verdi ci sono sulla A4 tra Venezia e Milano, quante lettere h ci sono nelle prime venti pagine della Gazzetta dello Sport e magari, perché no, quanti sassi ci sono ad Acitrezza. Sappiamo fare così tante cose interessanti, che magari un'ultra passa nel calderone senza neanche saltare all'occhio.
Eccola finalmente la motivazione finale, quella che taglia la testa al toro, quella che merita di essere la trama di un intero libro ed è capace di convincere anche l'interlocutore più scettico. Ce l'ho qui sulla punta delle dita che battono sulla tastiera: "Corro un ultra perché...", ma la devo proprio scrivere? Anche se non la conosco e non so proprio come mai potrei saperla?
Una volta d'inverno nevicava, d'estate faceva caldo e queste domande non le facevano. Questa è la verità.
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