domenica, febbraio 23, 2020

Spine Race 2020 - ultima parte

Esco dall'ultimo checkpoint importante, il numero 5 di Bell'ham,  che è ormai chiaro.  Gli scolari, con le loro divise, aspettano il bus che li porterà a scuola ed osservano interessati un esemplare di essere adulto che, con bastoni e zaino, attraversa il paese.

Forse è bene che spieghi il perché ci abbia messo quasi dieci ore per uscire dal checkpoint.
Francis mi ha detto, prima di entrarvi, che ormai è impossibile finire la gara prima di venerdì. Il che vuol dire arrivare di notte, quando, invece, mi sarebbe piaciuto arrivare con le prime luci del mattino di sabato.
La classifica finale mostra che è andata diversamente, ma non è questo il punto. Mi sono svegliato e alzato, come in altre occasioni, dopo poche ore, ma per due occasioni ho deciso di tornare nel sacco a pelo a dormire. Troppo presto mi sono detto. Alla terza volta mi sono trovato da solo nella stanza e lì ho deciso di partire. Non prima di una doccia e colazione. Poi mi sono dimenticato di farmi la barba e sono tornato nel reparto docce per farla. Le scarpe Speedgoat si sono ridotte ad un colabrodo e con rammarico le ho gettate. Per usare le Sportiva ho prima tolto gli spikes. Una volta fuori, però, mi sono accorto che li ho tolti solo alla scarpa sinistra. Dietrofront e con l'aiuto di un volontario molto gentile abbiamo sistemato anche l'altra scarpa. Più che ad una gara, mi è sembrato di essere in un albergo dove ci si deve congedare ed è difficile partire. Ma non rimpiango la decisione di essermi fermato così a lungo. Il mio obbiettivo principale era quello di imparare a correre in una gara come la Spine e sapere se veramente fosse una competizione adatta alle mie caratteristiche.

Il venerdì mattina, ultimo giorno, è una giornata splendida con sole e senza vento. I bogs, o come si dice torbiere, in questa parte non presentano lastroni in granito, ma con la luce diurna sono abbastanza semplici da navigare. Anche perché la linea da seguire è pressoché diritta per chilometri e chilometri. In un bogs in una delle rare pinete, però, riesco a sprofondare fino alla coscia mettendomi in allarme ogni volta che devo passare in mezzo agli abeti.
Verso il checkpoint 5.5 di Byrness la strada diventa molto corribile e qui il mio zaino comincia a lacerarsi. La mia preoccupazione principale è che tenga almeno fino al controllo del checkpoint. Penso poi a come continuare se l'imbragatura dovesse rompersi completamente.

Al controllo di Byrness arrivo per l'ora di pranzo, il quale mi viene offerto da una gentile signora nell'abitazione dove si trova il checkpoint.
Dopo quaranta minuti mi dicono che devo uscire e, fuori, trovo Antonio, che era partito dal checkpoint 5 prima di me, che mi sta aspettando. Allora decido di stare assieme a lui fino al traguardo. So che il suo ritmo è più lento del mio, ma nel compenso lui conosce la zona, naviga senza errori e un po' di compagnia alla fine non fa male. In più, nella notte di martedì avevo approfittato molto della sua navigazione, quando ero senza un guanto, e mi sembra ora più corretto rimanere con lui.

Questo è il pezzo dei Cheviot. Una quarantina di chilometri in una zona selvaggia e montuosa al confine con la Scozia, che risulta impegnativa nella navigazione e rende un'eventuale evacuazione molto problematica. Quando arriva il buio la temperatura scende notevolmente e l'immancabile vento si presenta con la sua forza e costanza. Qui i pietroni di granito, che coprono le torbiere, cominciano a brinare aumentando il loro grado di scivolosità da 'alto' a 'caduta garantita'. Dove non ci sono lastroni, invece, è ancora peggio, in quanto il terreno, a volte, sprofonda in modo inaspettato. Mi capita in un punto dove mi sembra di calpestare un'innocua pozzanghera tra due lastroni, mentre invece sprofondo fino al torace.  Antonio sente l'urlo e lo splash, si gira  e si mette a ridere. Ora sono bagnato come un pulcino e col vento che tira non è così confortevole. Mi dico fino a quando non toccherò il muro finale a Kirk Yetholm la gara non è mai scontata e devo fare attenzione.

Passiamo gli ultimi due rifugi, dove ci preparano delle bevande calde con acqua filtrata dai rigagnoli della zona, senza altri problemi. Però è chiaro il rischio che si può incontrare in questi luoghi. Non mancano solo le strade dove possono arrivare dei mezzi a motore, ma anche elementi base come l'acqua. Se un elicottero non può volare per il vento, come è prassi da queste parti, l'unica alternativa è il soccorso di volontari a piedi in mezzo ai bogs.

Le ultime miglia, invece, scorrono tranquille. Niente più bogs ma terreni semplici. Sorprendentemente è in questo tratto che comincio ad avere dei forti dolori ai piedi. L'euforia dell'arrivo lascia spazio al dolore, che fino ad ora non avevo mai sentito.
Tocchiamo il muro di Kirk Yetholm alle 2:48 di sabato mattina ancora in piena notte.
Le sensazioni che provo all'arrivo sono molto strane. Niente euforia, solo una sensazione di vuoto che non riesco a spiegarmi.

Questa è anche la fine del mio viaggio da Edale a Kirk Yetholm lungo il percorso Pennine Way durato 5 giorni e 18 ore. Complimenti a chi è riuscito a leggere tutto il resoconto dall'inizio alla fine.
Per la cronaca la classifica finale si trova qui.

Per finire, l'opportunità di poter concludere un esperienza simile rimane, senza dubbio, un privilegio.

Bolletino meteo al check point 5


Arrivo e medaglia finale





sabato, febbraio 15, 2020

Spine Race 2020 - quarta parte



Lascio il checkpoint di Alston pieno di energia dopo una breve video intervista.
Già dall'inizio sento le gambe muoversi molto bene, però diverso dal solito. Dopo due chilometri realizzo questo "diverso dal solito": non ho indossato i pantaloni goretex, che ho dimenticato al checkpoint. Penso velocemente alle varie possibilità, ma non posso accettare la variante di arrivare fino al prossimo checkpoint senza quei pantaloni. Così mi tocca ritornare ad Alston e, con grande sorpresa degli addetti, spiego che ho dimenticato i pantaloni impermeabili. Me l'infilano nello zaino e via che riparto. I volontari dei checkpoints sono veramente un grande aiuto.
Dopo un paio di scivolate sull'erba bagnata, però, ritorno ad indossarli. Già l'idea di continuare senza mi sembra assurda.

In questo tratto privo di bogs riesco a correre con continuità attraversando diversi villaggi. A Knarsdale è ormai chiaro ed ho voglia di una bella colazione inglese. Lascio il percorso per seguire le indicazioni di un Hotel che purtroppo, quando mi ci trovo davanti, risulta chiuso. Altri chilometri per niente. Qui un tizio in bici mi affianca e mi dice che ho sbagliato strada. Lo ringrazio, ma spiego che ho fatto apposta per andare in un locale a mangiare. Mi dice che sulla via c'è una scatola che contiene degli snacks per i partecipanti della Spine. Vero, dopo qualche minuto raggiungo il contenitore e faccio scorta di biscotti e dolcetti.
Un rifornimento inatteso davvero gradito.

Ritrovo i cari bogs e, come sempre mi è successo fino ad ora su questo tipo di terreno, mi raggiungono da dietro. La navigazione in questi tratti è piena di trappole e non riesco a riprendere la via solitaria. Pian piano il nostro gruppo aumenta e in prossimità di Greenhead siamo già in cinque o sei. Faccio ora coppia con Francis, compagno del giorno precedente nella bufera di Dunn Fells.

In prossimità di Greenhead gli dico che provo a correre un po' e riparto in solitaria lasciando la compagnia. Qui non ci sono più bogs ma inizia il muro di Adriano. Dodici miglia a navigazione banale, infatti basta seguire il muro. Ci sono dei continui saliscendi, ma il terreno è ora duro e, anche se ogni tanto piove, viaggio molto bene.
All'improvviso compare un tizio che mi fa una video intervista e mi dice che ho raggiunto le 200 miglia. Wow dico, proprio non ci pensavo alle miglia percorse fino ad ora. Ma il numero duecento comincia a farmi fare delle previsioni per quando riuscirò ad arrivare al traguardo di Kirk Yetholm. Infatti, da qui, mancano solo 68 miglia.

Prima o poi bisogna lasciare il muro di Adriano, manufatto romano che la mia mappa inglese riporta che è stato eretto dai romani per difendersi dai barbari. Sorrido e mi chiedo chi siano questi barbari, come se sotto il muro ci siano state delle differenze per Roma. O è sottinteso che siano gli Scozzesi questi barbari?  Chissà. Comunque riesco a sbagliare il punto in cui devo lasciare il muro per tornare a viaggiare nei bogs che mi separano dal quinto checkpoint di Bellingham, ultimo punto in cui ritroverò la mia borsa.

La navigazione in questi bogs è veramente problematica. Infatti non ci sono sentieri definiti e i pietroni di granito sono del tutto assenti. Fin tanto che c'è luce riesco ad orientarmi con i vari elementi in lontananza, tipo foresta o singola fattoria. Quando però arriva il momento di accendere la lampada è una catastrofe. Arriva il vento e mi sembra che la via da seguire sia sempre quella con più acqua e fango.
Bisogna provare per avere un'idea di come si possa avanzare in questo tratto.
In prossimità di una fattoria isolata, una gentile signora mi viene incontro con una lampada e mi ospita nella sua barchessa. Mi offre dolci e minestra e mi dice che quelli che mi seguono sono ad una ventina di minuti. Mi chiedo se vale la pena continuare di questo passo da solo con un margine così esiguo. Decido così di aspettare e di continuare verso il checkpoint al seguito di Francis e un altro socio.
Visto com'è la navigazione notturna in questo tratto, la scelta è stata ottima in quanto mai avrei tenuto il piccolo vantaggio da solo.

Francis  commenta l'ultimo tratto di bogs con una frase tipo credevo già di aver visto il peggio nei giorni scorsi, ma in quest'ultimo tratto ho dovuto ricredermi.

In questi frangenti decido di abbandonare definitivamente la modalità gara in quanto voglio solo gustarmi i tratti che mi separano fino all'arrivo.
Arriviamo all'ultimo checkpoint dove possiamo ritrovare le nostre borse alle 21:47 di giovedì.

È arrivato il momento per una bella dormita, in terra col sacco a pelo all'interno del checkpoint.

-Segue-

Lungo il muro di Adriano








Uscita dal checkpoint 4 di Alston

Video intervista alle 200 miglia


Lungo il muro di Adriano


                                     

domenica, febbraio 02, 2020

Spine Race 2020 - terza parte


Passato il villaggio di Thwaite, salutato il fotografo sotto una gran acqua e fatta l'amara scoperta di avere un solo guanto pesante, decido per una variazione del percorso, circa 1 Km, per una sosta ristoratrice a Keld.
In questo piccolo villaggio hanno allestito una sala in cui i viandanti possono prepararsi un caffè e mangiare una torta. Tutto in modalità self-service. Apprezzo molto e con le borracce di nuovo piene d'acqua riparto con uno spirito nuovo. All'imbrunire compare un po' di sole e un gentlemen inglese che, con stivali di gomma fino al ginocchio ed un setter al seguito sembra uscito dalla pubblicità di Barbour, dice di volermi accompagnare per un pezzo. Accetto molto volentieri la compagnia mentre mi guida nei bogs e mi racconta come sta andando la gara. Gara fino ad ora molto umida, ma le previsioni meteo da giovedì indicano bel tempo. Gli rispondo che non credo alle previsioni meteo, ma quello che viene lo accetto.

Al momento di accendere la lampada mi saluta e così proseguo di corsa verso Tan Hill Inn, il pub alla quota più alta in Inghilterra (528 slm). Qui il meteo è decisamente degenerato, acqua, neve e vento in quantità notevoli. Dentro al pub, però, c'è il clima di festa. Un tizio in ipotermia davanti al camino abbandona la gara e il mio amico giapponese che sta mangiando.
Dopo una veloce cena a base di chicken curry vorrei ripartire in compagnia. Ma nessuno sembra aver voglia di uscire di notte con un tempo del genere (-7 la temperatura percepita causa vento).
Così decido di rischiare una discesa veloce nel bogs innevato  per cercare di raggiungere un gruppo che è uscito dal pub quando sono entrato. Dopo una mezz'ora, e un paio di innocue cadute, riesco nell'impresa di agganciarmi ad un terzetto che mi guiderà per tutta la notte fino al check point di Middleton.
Sfruttando la navigazione dei miei soci, in questo tratto veramente difficile, riesco a tenere la mano in tasca per sopperire la mancanza del guanto ed arrivo al checkpoint con un ottimo tempo.

Dopo tre ore di sosta riparto con i guanti di riserva e nuove scarpe. Sono stanco di scivolare ad ogni passo. La combinazione odierna è: scarpe Sportiva Uragano in goretex, calze resistenti all'acqua e spikes.
Il cambio di scarpe, però, non è una grande idea. Gli spikes sul terreno roccioso alla lunga si fanno sentire nella suola e il piede, con tutta questa protezione, respira male. L'assetto usato fino ad ora, invece, è stato: Hoka Speedgoat con tasselli non proprio nuovi (Adamello e WRU), tomaia che presenta i primi buchi e calze resistenti all'acqua.

La giornata odierna di mercoledì è caratterizzata dal vento contrario. La prima diversione di giornata causa fango mi fa finire in una fattoria dove il padrone, dopo essersi svegliato nel cuore della notte, mi fa notare che ho sbagliato strada. Ringrazio più che altro che non mi abbia sparato. Scavalco tutti i suoi cancelli rigorosamente chiusi e muri con tanto di filo spinato che mi separano dalla traccia gps, che ho lasciato per seguire la diversione ufficiale.

Con gli occhiali da sci ed un timido sole proseguo per tutta la giornata al passo. In teoria potrei correre, ma il forte vento contrario mi fa propendere per la calma. Il panorama lungo questo tratto è davvero molto affascinante, specialmente il passaggio a High Cup Nick.
Arrivo al controllo di Dufton che è ora di pranzo e in un caffè ordino quello che c'è, vale a dire una colazione all'inglese. Faccio notare che non è più ora di colazione, ma mi dicono che si può mangiare per tutto il giorno. Comunque squisita. Dal paese si nota il centro studi, punto in cui presto dovrò passare, totalmente immerso nella neve. Lì si trova anche il punto più alto di tutto il percorso, vale a dire Cross Fell a 893 metri. Faccio vedere il mio sacco a pelo al controllo materiale, così mi tocca svuotare tutto lo zaino.

Parto con grande slancio per sfruttare più possibile la luce del giorno e quando raggiungo la neve la navigazione diventa finalmente banale. Infatti, anche nel buio, basta seguire le tracce che hanno lasciato quelli che sono passati prima. Qui, forse, trovo anche un senso alla scelta di usare gli spikes. Così dopo essermi spaccato la suola dei piedi sulle rocce per tutto il giorno, cerco di essere contento di non aver perso  un paio di secondi per tirare fuori i ramponcini dallo zaino.
Scelta che però poi rimpiango, quando a Dunn Fell un vento laterale micidiale mi fa volare via la protezione dello zaino, cancella di colpo tutte le tracce come se fosse una lavagna bianca e mi blocca sui miei bastoni. A questo punto Francis, il mio socio francese che mi seguiva, mi affianca, mi copre dal vento e col suo GPS prende in mano la navigazione. Io non stacco le mani dai bastoni piantati nella neve, mi sembra di volare via e non riesco più a stare davanti. Qui trovo anche un dispositivo GPS in terra, confermandomi di quanto sia difficile stare in piedi cercando di usarlo.
Per fortuna il vento micidiale è solo in quel punto e, passato quello, la via ritorna quasi normale con le tracce nella neve che tornano a riapparire.

Arriviamo al rifugio Greg's Hut. Ci accoglie con le luci delle sue candele e del mitico Barba, che ci prepara una ottima pasta con chili sul fuoco del camino. Raccontiamo un po' delle difficoltà incontrate a Dunn Fell e del GPS ritrovato. Il Barba se la ride, come dire che se mi aspettavo una gara tipo vasca in viale Ceccarini, mi sono sbagliato di grosso. Ci dice anche, che almeno fino al checkpoint di Alston è tutta discesa facile.
Lì posso anche riconsegnare il GPS che ho trovato e consentire il prosieguo di chi l'ha perso. Infatti al check point 5 non si può continuare senza GPS, il che significa ritiro per il malcapitato, sempre che non abbia un dispositivo di riserva.
Nella decantata facile discesa, purtroppo, non riesco ad andare per colpa degli spikes che mi fanno male ai piedi.

Al paese successivo una signora mi accoglie come "Mr. Crocodile Dundee" e mi fa entrare nella sua casa. Le dico che sono tutto coperto di fango e che gli spikes nelle scarpe gli rovinano il pavimento. Poi preciso che non vengo dall'Australia, come indicato nel live, ma dall'Austria. Dice fa lo stesso e mi offre un ottimo rinfresco. Lascio la simpatica compagnia e arrivo al check point di Alston appena dopo la mezzanotte.

Consegno il GPS che ho trovato e, dopo quattro ore di letto e doccia rigenerante, sono pronto a ripartire.
L'entusiasmo è forte, perché è in questo tratto che avevo pianificato di accelerare il ritmo e finalmente è arrivato il momento. È giovedì mattina.

-Segue-



Pub Tan Hill Inn

Davanti al Pub Pub Tan Hill Inn

Si è sciolta un po' di neve al Pub Tan Hill Inn
264 è il pettorale del mio socio giapponese che è entrato nel
pub una decina di minuti prima di me.

Appena prima di Dufton mentre consulto le mappe.
Tempo d i congedarsi dal sole prima di salire a Cross Fell


Uscita dal rifugio Greg's Hut per il secondo piazzato del momento,
il giorno prima del mio passaggio
Greg's Hut al tramonto
                                   

Verso Cross Fell sotto il centro studi

Probabile Cross Fell