martedì, maggio 27, 2014

Maria Schutz, corsa in montagna "Vertical"

Sono seduto in un prato dietro alla partenza. Osservo gli altri corridori che effettuano il riscaldamento prima del via di questa corsa in montagna. Gara breve, 3,5 km per 700 metri di dislivello positivo, in un paese a neanche un'ora da casa mia. Un tizio si gira verso di me e recita a voce alta "Perché mi sono iscritto?". Forse cerca una faccia complice nella sua non voglia di partire, ma io sono qui per correre, anche se sto qua seduto. Eccome se voglio correre. Dopo svariate settimane dia pausa, di allenamento omeopatico, senza gare, finalmente riprendo. Mi alzo quando il via è già stato dato e pian piano provo a risalire il gruppo. Il sentiero è molto stretto, non c'è spazio per superare, ma c'è tempo. La tattica che uso è quella di attaccarsi dietro a quello che mi precede fino a quando trovo un spiraglio per passare o mi cede il passo. Non c'è molto da correre su questo sentiero, ma appena la pendenza cala un attimo, subito passo alla corsa. In meno di tre quarti d'ora sono in cima, brevissima discesa, taglio il traguardo con un salto e ventisei partecipanti sono già da tempo al ristoro finale. Non ho un gran bisogno di pause e con il pacco gara in spalla mi rimetto subito di corsa per ritornare. Finisco, però, in una strada chiusa che provo a far continuare in un fantomatico sentiero che non esiste. Solo strapiombo, alberi caduti, ortiche e un grande materasso di foglie secche. Striscio giù e quando la pendenza diventa percorribile, affiora un ruscello che occupa tutta la via della gola rendendo tutto molto scivoloso. Alla fine, impiegando un tempo doppio rispetto alla salita, ritorno alla partenza. Lì non manco di fare visita alla vendita di Krapfen giganti, una vera attrazione qui a Maria Schutz, oltre al Santuario.

Un ottimo rientro alle gare in una tipologia di percorso per me nuovo. La classifica finale si trova qui, i dati del mio Garmin qui.

venerdì, maggio 09, 2014

Tra una gara e l'altra


Alcuni mi hanno chiesto come mai non scrivo più i resoconti delle mie gare. La risposta è molto semplice: non sto partecipando a nessuna gara e ancora peggio, non ne sto preparando nessuna. Il motivo di questa enpasse è che il mio piede non ne vuol sapere di tornare a correre. O meglio, mi lascia correre un po' e poi il giorno dopo protesta. Che aspetti due giorni, o tre settimane, sembra non cambiare nulla.
Leggevo un intervista ad un motivatore all'attività fisica. La sua ricetta è quella di fare leva sulle motivazioni intrinseche, come la bellezza di un allenamento più che sulle motivazioni estrinseche, come correre una maratona col tempo personale. Ecco, questo infortunio mi va proprio ad attaccare nelle mie motivazioni intrinseche mentre sembra lasciare inalterate quelle estrinseche. Grazie alle varie terapie sono riuscito a correre la maratona di Vienna vicinissimo al mio limite, ma con un allenamento forzato, limitato e reso possibile solo grazie a supporti esterni e farmacologici. Volendo guardare bene, quest'infortunio è un piccolo dolore che però genera una grande sofferenza. Una condizione che garantisce agli psicologi un'abbondante clientela .
In settimana ho partecipato alla presentazione di un libro di Pallavicini, un autore che non conoscevo ma molto interessante, che, scrivendo "Romanzo per Signora", ha detto di aver risparmiato molte sedute dall'analista. Magari funziona anche con un blog.