martedì, novembre 10, 2020

Wien Rundumadum 2020

Arrivo

Con la settima edizione del Wien Rundumadum (WRU) 2020 si conclude la mia stagione delle gare per quest'anno. Però tirerò le somme stagionali in un post dedicato. Ora parliamo del WRU 2020.

In questo periodo, trovare un organizzatore che riesce a mettere in piedi una gara podistica reale è veramente difficile. Al  WRU sono iscritto, come ogni anno, quasi in automatico e quest'anno non fa differenza. Quello che è diverso, di solito, sono le mails degli organizzatori, che magari aprono con un "ci dispiace ma..." e così via. Credo che il WRU abbia mandato, nelle ultime settimane, almeno 4 mails. Ogni volta che le apro mi prende una strana sensazione. Invece il contenuto è rassicurante. Spiega le nuove modalità di gara e niente sembra fermare gli organizzatori.

Come sono queste modalità? Senza ristori, o meglio con borse preparate prima dal corridore che vengono portate in sei punti prestabiliti. Partenza con la maschera e distanziati di venti secondi gli uni dagli altri. All'arrivo solo la possibilità della doccia, foto ricordo con medaglia e sacca finisher. Il mio slot di partenza è alle 5:47 di sabato mattina.

Prima del cambio di modalità, ricordo un centinaio di iscritti. Dopo il cambio del regolamento, sulla lista di partenza sono comparsi in settanta. Alla partenza vera e propria, nel giorno di Halloween, siamo solo in 57.  Quest'anno non posso andare al via in metropolitana e decido per la bici. Trovo il modo di trasportare tutte le mie sacche per i ristori, ma arrivo alla partenza tardi. A questa logistica non sono abituato e si vede.

Il meteo di primo mattino è abbastanza umido e ventoso. La pioggia caduta nella ultime settimane mi ha fatto propendere per usare un assetto "inglese" con calze impermeabili, già provato in una mia ricognizione due settimane prima. 

Partire dalla posizione 53 su 70 è un arma a doppio taglio. Specialmente quando mi aggancio ad un tizio (Stefan), che alla fine arriverà quarto e partito subito dopo di me, col quale, senza nessuno sforzo apparente, risaliamo tutto il gruppo.   
Fino alla salita del Nase riesco a tenere un ritmo prudente, poi sul percorso del Winter Trail, il ritmo degli ultimi anni su queste strade prende il sopravvento. Non ho tabelle da seguire, voglio solo divertirmi andando al ritmo che più mi piace. 

Dopo Marswiese arriva il primo punto di fango pesante. Complice un ponte in costruzione e la pioggia, quest'anno devo affrontare anche un guado. Da non credere, sono euforico. Qui tengo un ritmo alto, forse troppo e le gambe cominciano a piombarsi prima di arrivare al primo checkpoint. Qui ritrovo la mia sacca con dentro una bottiglia d'acqua e delle barrette. Ora, però, decido di passare sulla difensiva. Se voglio arrivare fino in fondo con un ritmo decente, devo rallentare, sempre che non sia troppo tardi. 

Verso il Lainzertiergarten ho un buon ritmo, sono sempre solo e da dietro non mi ha ancora superato nessuno. Stefan è rimasto un attimo dietro ad aspettare due freschi accompagnatori che lo scorteranno lungo il Tiergarden.
In queste leggere salite ho i primi segni di cedimento e il terzetto composto da Stefan e i suoi pacer mi stacca leggermente. Lungo il muro del Tiergarden in discesa, però, il single track fangoso mi regala un ottimo momento e riaggancio Stefan. Lui in un primo momento non lascia la presa, mentre i suoi due pacer, in queste condizioni, non riescono a tenere il nostro ritmo. Dopo un piccolo guado e fango rimango addirittura da solo con Stefan che poi rallenta per aspettare i suoi pacer. 

È il mio tratto più bello, quello che più mi rimarrà nel ricordo di questa edizione. Anche se so di essermi giocato gambe ed energia non mi preoccupo più di tanto. Nel passato ho già avuto occasione di gestire il ritmo gara più a modo e con risultati finali migliori. 
Alla salita successiva il terzetto mi aggancia e mi stacca. Li posso solo osservare mentre si allontanano verso un tempo finale che, per Stefan, comincia con il numero tredici, mentre per me chissà. Non che non sia in grado di farlo, ma sicuramente non con un terreno così pesante e non con questo stato di forma. Ma questo non mi preoccupa. Vado col mio ritmo e lungo il Liesing ritrovo un'ottima gamba. 

A Kledering mi aspetta mia moglie, come negli ultimi anni, per un ristoro completo. Non sono zavorrato nelle gambe come lo scorso anno e il morale, nonostante le difficoltà in salita, è ottimo. Le gambe, per ora, in pianura vanno bene. Invece riesco a fare degli errori al ristoro.
Primo dimentico di cambiare la lampada, tenendo quella della partenza che non fa luce. Secondo bevo un succo di limone (mai provato prima) e mangio un panino con la nutella che mi inchiodano lo stomaco all'istante. Non riesco più a correre. Solo davanti al cimitero (per la prospettiva di finirci dentro?) riesco a sbloccarmi, ma sono in affanno e il ritmo che avevo prima della pausa è solo un lontano ricordo. 

All'ingresso della Lobau mi aspetta il mio socio Sigi che ha deciso di accompagnarmi durante gli ultimi 50 km. La sua presenza mi ridà slancio e lo stomaco sembra essersi calmato. Così riusciamo a trovare un ritmo decente fino all'uscita del bosco lungo 12km. Però il mio motore non funziona bene. Sempre più spesso devo passare al passo, anche se le gambe non mi fanno male, ma ho il fiatone e sono in affanno. Quando Sigi mi passa del cibo salato, mi accorgo della dimenticanza che ho fatto quando ho preparato le sacche. Le solite barrette, infatti, mi hanno stancato. Mentre i cibi salati, che ai ristori non mancano mai, nelle mie sacche non c'erano.

La sera di luna piena è molto bella. Sigi mi presta la sua lampada, che con la mia quasi non riesco a vedere neanche i piedi. Il passo chiacchierato diventa frequente e non c'è prospettiva né di raggiungere qualcuno, né di essere superati. Il record personale sul percorso è da tempo andato e la prospettiva di arrivare al traguardo per poi doverlo lasciare subito per evitare assembramenti, non è che mi metta tutto questo entusiasmo. Anzi, vado volentieri di passeggiata assaporando il percorso degli ultimi chilometri riamasti, coi ricordi delle passate edizioni che riaffiorano. In questa che sarà, quasi sicuramente, l'ultima gara dell'annata, ora mi sembra di sfogliare l'album dei ricordi delle passate edizioni. E posso avere fretta ora? Il corpo si ribella subito ad ogni aumento di ritmo accennando dolori inesistenti ai quali rispondo con un bel va bene così, andiamo piano.

Dopo 16 ore e 16 minuti taglio il traguardo con grande tranquillità in undicesima posizione. L'organizzatore mi fa notare che, al momento, sono il secondo ad aver completato tutte e 7 le edizioni del WRU. Gli rispondo che sette è un numero da amatori, vediamo quando arriveremo a quindici o venti edizioni. In ogni modo il terzo, ed ultimo, di questa ristretta cerchia è ancora sul percorso e non mancherà di certo di arrivare, anche lui, al traguardo. Ora siamo rimasti solo in tre ad aver completato tutte le edizioni. La classifica finale si trova qui. La traccia del primo tratto qui.

Per concludere, il WRU per me rimane la gara del divertimento. Quella che chiude la stagione e non può essere ridotta solo al cronometro o alla posizione finale. L'edizione di quest'anno, se confrontata con quelle degli anni precedenti, veramente di un altro livello per difficoltà di terreno e gestione. Non credo sia un caso se quasi la metà degli iscritti non si è presentata al via. In ogni modo, l'appuntamento per il 2021 è già fissato. 


Verso il Lainzertiergarten (Km 37)

Verso il Lainzertiergarten (Km 37)


Checkpoint 4 al Km 93

Partenza

Al km 37, lato B


lunedì, ottobre 12, 2020

Avanti con la prossima: Wien Rundumadum (WRU)

Dove si trova questo
cartello?

 Archiviato l'Adamello 170 versione 2020, che ho percorso solo mentalmente in quanto è stato rimandato al 2021, è arrivato il momento dell'ultima ultra stagionale. Vale a dire il Wien Rund Umandum, il giro attorno a Vienna da  130km e 2400 D+ previsto per il prossimo 31 ottobre 2020.

Che dire, questa edizione si preannuncia ricca di sorprese, senza ristori e con partenza scaglionata ogni 20 secondi, che è magari abitudine in altri sport. Non mi piace farmi prendere dall'entusiasmo, soprattutto se poi la gara non viene effettuata. Però l'idea di partire in modo autarco, e senza ristori ufficiali, mi piace molto. Non è obbligatorio da regolamento, in quanto accompagnatori e ristori privati sono ammessi. Quindi una certa libertà di decisione è presente ed ho ancora qualche giorno per pensarci. 

Non che gli anni passati abbia usato i ristori in modo pesante, anzi, dei cinque previsti, al primo sono un paio di anni che non mi fermo. Al secondo ristoro di solito prendo un dolce al volo. Sono sopratutto il quarto (km 90) e il quinto (km 110), che di solito uso per ritrovare un po' di energia e per i quali dovrò trovare un'alternativa valida. 


Partenza: con il numero 53 alle 5:47 di sabato 31 ottobre, diciassette minuti dopo il primo.

Il live della gara si trova su: http://wien-rundumadum.legendstracking.com/




  

martedì, settembre 15, 2020

Next Race?

 La prossima corsa? Adamello 170.

Non sarà la mia prima volta, ma della mia partenza 2020 ci crederò solo pochi istanti prima del via. 

Fino a qual momento è solo l'immaginazione che percorre tutta la traccia della 170. Mai come quest'anno il passaggio più difficile è poter raggiungere la linea di partenza e sentire, finalmente, lo speaker contare "3-2-1 via, buon viaggio".

Per chi vuole assaporare l'idea del tramonto del primo giorno al Rifugio Bozzi, il passaggio tra le fiaccole al Passo dei Contrabbandieri, la solitudine della notte alla Città Morta, il gradiente del Corno d'Avola, il calvario del Monte Calvo, i gradoni verso Aviolo, la frana giù verso la Malga Stain, lo strazio su per la  Malga Mola e la picchiata liberatoria dal Pianaccio su Vezza D'Oglio, può dare un'occhiata alla traccia della gara su https://livegps.setetrack.it/Home/IndexMapset?mapset=aut170k2020# 



Non sempre è chiara la via, questa volta verso
la partenza

Tramonto da sogno sul Rifugio Bozzi


lunedì, settembre 07, 2020

Hoch Wechsel Trail

Finalmente sono tornato a correre un Trail con il pettorale attaccato alla maglia. Una sensazione che mi mancava dall'inizio dell'anno. Non tutto è andato liscio, ma le sensazioni che ho provato in gara non sono state affatto male. 

 A tre settimane dal via dell'Adamello, quasi sette ore di gara sono state un ottimo banco di prova. L'Hoch Wechsel Trail è una gara alla quale non avevo mai partecipato. Il percorso è molto vario e si snoda in diverse fasi. 

La prima è quella porta fino in cima all'Hoch Wechsel, a 1735 metri di quota, partendo da Kirkberg ai 581m. Una salita lunga 15,5km che presenta diversi tipi di pendenze, senza però mai mollare. Per le condizioni di terreno e di collocazione, penso che sia la parte più facile da gestire. 

Una volta arrivati in cima, comincia una fase ricca di saliscendi con fondo molto vario e sconnesso. Un misto prato roccia fatto apposta per distorcere la caviglia e inciampare. Qualche lampo di discesa ripida e sconnessa per poi arrivare su una forestale in leggera salita ammazza gambe. Il tratto finisce in una ripida discesa su fondo roccioso molto sconnesso. 
Questa, tutto sommato, è stata la parte dove decisamente sono andato meglio. 

Il caldo, però, non mi ha dato tregua e dei fastidiosi crampi mi hanno assalito. Una condizione molto simile a quello provata al Trail del Salame nel giugno 2017. Da questo punto non ho più potuto spingere e quando l'ho fatto, sono poi caduto inevitabilmente in discesa. Chi abbandona una gara per via dei crampi ha tutta la mia comprensione. 

 La terza parte comincia con una contro-salita con dei gradienti non indifferenti in pieno sole e  in mezzo ad una folta vegetazione. Qui ho dovuto aggiungere una breve pausa non prevista per poter tornare a respirare normalmente. Non sono decisamente queste le condizioni in cui i miei polmoni danno il meglio di se, e certi vegetali non mi danno scampo. 

Però, una volta terminata la salita, il resto è scorso via molto facilmente. Per ultimo, dopo aver passato il paese di St. Corona, ci sono stati cinque chilometri di discesa molto facili, che mi hanno invitato a testare, inutilmente, la mia tenuta coi crampi. 
 Più che altro qui bisogna stare attenti alla navigazione, in quanto è molto facile seguire un corridore davanti che sta sbagliando strada. 

Dopo 6h:49' ho terminato i 44,8km (2184 D+) previsti concedendomi una po' di relax sul prato dell'arrivo davanti ad un ottimo rinfresco finale. 
La posizione è 29-emo di categoria, in piena sintonia col pettorale numero 29. 
Per finire, l' Hoch Wechsel Trail è sicuramente un'esperienza  da ripetere.

Arrivo

Intorno al km 30







Appena partiti

martedì, agosto 11, 2020

Verso l'Adamello 2020, agenda

 

La conferma della gara dell'Adamello 2020 mi ha dato un nuovo entusiasmo per quanto riguarda questa stagione 2020. I prossimi appuntamenti per me saranno:

05.09 Hoch Wechsel Trail, una gara che non conosco, ma che sembra fatta apposta per una bella rifinitura in vista dell'Adamello.

25.09 Adamello 170.

31.10 Wien Rundumadum, il classico giro attorno a Vienna.


Tre gare alle quali non vedo l'ora di potervi partecipare. Quest'anno non è decisamente il tempo per manifestazioni dove la massa la fa da padrona. Si perde quel feeling che solo il grande evento può dare, ma rimane la possibilità di trovarsi in solitaria lungo percorsi incredibili. 

 Può darsi che le manifestazioni con un numero relativo più basso di iscritti, rispetto ad un grande evento, vivano di riflesso. Però offrono delle peculiarità che altre gare non hanno. So che la maggior parte non la pensa come me, altrimenti i flussi dei corridori sarebbero differenti, così come, forse, i discorsi nei bar, o magari in linguaggio più moderno, i temi sui social. 

Sono anche  convinto che quella di quest'anno sarà solo una fase transitoria. Che per poter partecipare all'Adamello 2021 o Wien Rundumadum 2021 non saranno necessarie lotterie o fantasticherie virtuali. I grandi eventi ritorneranno più forti di prima, con ancora più candidati. Perché la vita normale non ne può fare a meno e la presenza del gruppo aiuta. E, per quanto mi riguarda, potrò continuare a collezionare punti qualificazione in gare semi sconosciute, perché prima o poi verrà il momento in cui, finalmente, troverò il coraggio di partecipare all'estrazione. È bello avere davanti un obbiettivo da raggiungere.

 


domenica, luglio 26, 2020

Dove eravamo rimasti

Questo è il mio blog sulla corsa, quindi, di solito, lo aggiorno quando ho delle novità riguardanti le mie attività podistiche. 
Dopo la Spine Race e la fase in cui stavo preparando le varie maratone primaverili, il mio approccio alla corsa è cambiato. Nessuna gara, nessun allenamento mirato. Non che prima lo fossero, ma la differenza l'ho notata. 

Cosa è rimasto? Solo un tipo di attività, che alla domanda del dottore durante la visita annuale del tipo:  "Svolge attività fisica?", otterrebbe una bella risposta tipo: "Certo e nelle dosi consigliate dall'organizzazione della sanità". Una quantità che, però, non è neanche sufficiente a raggiungere le righe di questo blog.  
Volendo, la serie sulla "Spine Race" sarebbe stato un degno finale per questo blog, e anche l'occasione per dedicarmi a qualcos'altro. 
Le righe di questo nuovo post significano solo una cosa: "Non funziona".

È una questione di equilibrio. Quello che scompare quando svolgo, nell'arco di diverse settimane, magari massimo tre uscite settimanali di un'oretta striminzita, mentre il resto del tempo lo passo a pigiare dei tasti, guardare dei video o muovere dei mouse. Di contro compaiono nuovi dolori alle mani, spalle, schiena e collo mai provati prima. 

Lo stile di vita quotidiano, che torna ai suoi soliti ritmi di sempre, forse richiama fortemente un tipo di  allenamento del passato. Sono così bastate un paio di settimane di allenamento a frequenza post Spine Race per cancellare via via tutti i dolori alla parte superiore del corpo. 

Ritrovato l'equilibrio fisico, il passo successivo è stato quello di ritrovare la voglia di preparare  e partecipare ad una gara. Così, all'ultimo momento, mi sono iscritto alla 24 ore di Bad Blumau dello scorso quattro luglio. Senza preparazione, senza motivazione e con condizioni meteo per me tutt'altro che ideali. Il risultato? 132,29 km, una cifra che è confrontabile con la distanza del  WRU, dove anche nel più scarso dei giri attorno a Vienna, sono sempre stato sotto le diciassette ore. A Bad Blumau, invece, ho impiegato otto ore in più su un percorso piatto. 

Una gara da cancellare? Forse, ma pochi giorni dopo la conferma della mia iscrizione all'Adamello Ultra Trail 2020 del prossimo settembre, mi hanno fatto riconsiderare l'evento di Bad Blumau. Una notte passata in movimento, chilometri accumulati senza distruzione delle gambe, hanno pian piano rimesso in moto tutto il movimento che sembrava essersi inceppato o addirittura bloccato.

Seguiranno altri post in vista dell'Adamello 2020 e, probabilmente, anche dei resoconti di gare in vista dell'evento organizzato a Vezza D'Oglio.

Prime ore di gara, gran caldo

Tratto ghiaioso del circuito da 1,1km





 





martedì, marzo 10, 2020

Materiale usato nella Spine Race

Gear
L'ultimo post della serie Spine Race lo dedico, come promesso in precedenza, al materiale usato.
La Spine Race ha una lista di materiale obbligatorio contenente 29 elementi.

Il primo elemento è lo zaino. Ho provato in allenamento un Raidlight 20L comprato qualche anno fa con borsa davanti. Un modello ormai superato, sviluppato per la Marathon des Sables. Non mi ha convinto in quanto non riesco a farci stare dentro tutto il materiale. Allora sono passato all'ultimo modello della Raidlight, il Revolutiv da 24L con un peso di soli 270 grammi. Già dalla prima uscita, inizio ad avere delle perplessità sulla sua tenuta e ne compro un secondo modello più stretto. Non è solo la taglia troppo larga, ma anche la consapevolezza che usandolo in ogni allenamento a pieno carico, la probabilità di romperlo non è trascurabile. Per la cronaca lo zaino non ha tenuto tutta la gara. Al checkpoint 4 penso di cambiarlo in quanto i segni di rottura sono evidenti, ma poi decido di rischiare con lo stesso zaino, più per la mancanza di voglia di vuotarlo. Prima del check point 5.5, però, mi trovo a correre in discesa con una mano sotto lo zaino per evitare il peggio, e a rimpiangere la decisione del mancato cambio. Il materiale esterno non è resistente all'acqua, per cui il contenuto l'ho riposto in diverse sacche impermeabili, che hanno un peso non trascurabile. Sicuramente non un zaino adatto alla Spine.

Le scarpe. Le prime scarpe che ho comprato apposta per la gara sono state le Salomon Gtx. Scarpe in Gorotex, pesanti con suola rigida e stabile, molto adatte al cammino. Le ho usate in allenamento in qualche camminata cittadina sotto la pioggia scivolando spesso. Non le ho più messe e non rimpiango la decisione. Poi sono passato alle Sportiva Tempesta. Scarpe che sembrano fatte apposta per la Spine, con il materiale Gorotex e la ghetta incorporata. Il vincitore, Kelly, mi sembra le abbia indossate in gara così come il mio compagno di viaggio il francese Francis. Non sono un fan del Gorotex sulle scarpe, anche perché non riesco ad usarle in allenamento, a meno che non ci sia pioggia, o al massimo 5 gradi. Condizioni che sono state veramente rare qui a Vienna nel periodo di avvicinamento alla gara. Della Sportiva a me non piace la suola rigida. Non ci sono abituato e i miei piedi ne risentono in gara, spikes a parte. Forse se abituassi i miei piedi alle suole Sportiva, usando magari dei modelli estivi, credo che riuscirei ad usarle. Ma a quello che i miei piedi sono abituati sono, senza dubbio, le Hoka Speedgoat.  Le ho portate in Inghilterra solo per fare il tratto fino al check point 1. Così pensavo, anche perché erano già molto consumante, e in dicembre non sono più riuscito a sostituirle con un modello nuovo. Invece le ho usate per i due terzi della gara. Le Speedgoat nella Spine le ho usate con le calze impermeabili, le quali richiedono, per lunghe distanze, una sottocalza leggera.  Se le Speedgoat avessero avuto la dimensione corretta, sarebbero state un'ottima combinazione. Invece, le scarpe con due calze del genere sono risultate troppo strette e i tasselli troppo consumati. Due numeri in più, una tassellatura nuova e magari sfoltire un paio di tasselli con un coltello, dovrebbero dare sul fango un appoggio simile a quello della Sportiva. Le Speedgoat, però, sono scarpe da pietra, bagnata o asciutta che sia, non da erba bagnata o fango pesante. Il problema è che nella Spine si passa da un estremo all'altro e trovare il giusto compromesso non è semplice, anche se il fango è la parte predominante.

Materiale di emergenza. Per il Bivy ho usato un modello della Salewa.  È molto leggero e impermeabile anche se non l'ho mai usato. Si è costretti ad usarlo in caso di bivacco di emergenza per evacuazione, oppure anche in caso di pernottamento all'aperto. Il mio ritmo mi ha consentito di raggiungere i checkpoints nella notte, dove era possibile dormire. Chi, però, ha avuto un ritmo più veloce del mio, diciamo intorno alle 115/120 ore totali, è arrivato ai checkpoints di giorno e per dormire di notte doveva bivaccare fuori. In questi casi, o si usa la tenda, oppure si sacrificano le ore diurne al sonno.
Come stuoia ho portato la Thermarest NeoAir UberLight. L'ho usata al checkpoint 1.5 e 5 per dormire in terra, ma mai fuori. Molto leggera, sicuramente non ideale per l'inverno, ha lo svantaggio, non da poco, che per sgonfiarla ci vuole una vita e il volume iniziale lo prende dopo un mese. Fintanto che non viene usata, occupa veramente poco spazio nello zaino. Ha passato il controllo materiale pregara senza problemi.
Sacco a pelo ho preso il Thermarest Hyperion 20 UL. C'è l'obbligo di un sacco a pelo certificato con confort almeno a zero gradi. Il mio modello è certificato a -6. L'ho usato per dormire nei checkpoint 1.5, 3 e 5. Nel checkpoint 1.5 mi sono svegliato in mezzo all'acqua, ma non ho sentito l'umidità e si è asciugato velocemente. Non so sia confortevole a -6, ma, per come l'ho usato, sono rimasto molto soddisfatto.
Completa la sezione il kit di pronto soccorso obbligatorio con benda, cerotti, disinfettante, telo di emergenza e pastiglie per la diarrea e allergia. Mai usati e mi sono trovato a disagio nel portare delle pastiglie.

Cibo e cucina. Il fornello è obbligatorio. Qui ho scelto un MSR WindBurner, che è si compatto e antivento, ma sempre abbastanza ingombrante e pesante. La cartuccia del gas l'ho comprata al controllo materiale. L'idea di tenere il fornello nel bagaglio a mano mi è costata, all'aeroporto, un controllo aggiuntivo e mezz'ora di fila in più. Alcuni hanno usato la cartuccia gas con il trepiedi, un cartoncino come antivento e la tazza in titanio. Il cucchiaio completa l'assetto. Comunque mai usati.
La scorta di 3000 calorie obbligatorie, invece, l'ho sottovalutata. C'è quest'obbligo per i checkpoint 1, 3 e 5. Ma sarebbe stato meglio, per me, ad ogni checkpoint. In più per il checkpoint 5 sarebbe stato meglio 3500/4000  calorie. Infatti dal checkpoint 5.5 le 3000 calorie se ne vanno come niente e da lì non c'è praticamente nulla da mangiare. Per le calorie ho usato le razioni di emergenza WPR-12 da 500 grammi (ormai introvabili, prezzo + 60% e consegne con tempi remoti) per 2500 calorie a pacco. Il resto delle calorie con biscotti e cioccolata. Ho portato anche dei gel, che, tranne appiccicarmi tutto il resto del materiale, non ho minimamente usato. I gel alla Spine non sono da includere nel bagaglio. 

Acqua. Obbligatori sono due litri. Il vantaggio dello zaino Raidlight è che offre due ottime soft flask da 600cl che si possono usare al  volo. Per completare la scorta, ho portato nello zaino un litro d'acqua nella soft flask Platypus, veramente ottima. Pensare di correre, e di raggiungere il checkpoint successivo con 2L di acqua, è per me molto velleitario. Se poi uno prende anche dei gel, che hanno bisogno di tant' acqua, sicuramente non si va molto lontani. Ci sono dei rifornimenti volanti d'acqua durante il percorso, il problema è che bisogna saperlo con precisione dove sono. Di giorno non mancano, mentre di notte sono rari. Tra il checkpoint 5.5 e il traguardo ho riempito le borracce al rifugio con acqua che mi hanno messo a disposizione i volontari. Vale a dire acqua dei rigagnoli della zona, filtrata con dispositivi manuali. Il colore dell'acqua filtrata? Un bel marrone.

Vestiario. In allenamento pre-gara (novembre e dicembre) ho cercato di usare sempre due strati, con la giacca in gorotex, che ho portato attaccata allo zaino cercando di capire dove meglio attaccarla. Nella Spine, invece, 4 strati sono stati lo standard. Su 138 ore di gara, la giacca in gorotex l'ho tolta solo per un'ora il lunedì a mezzogiorno. Di solito ho indossato cinque strati di notte, mentre nelle notti più fredde di martedì e venerdì, anche sei.
I pantaloni in gorotex, invece, sono stati fondamentali. Non li ho usati solo quando li ho dimenticati al checkpoint 4, ma sono dovuto tornare indietro a riprenderli. Impensabile, per me, non usarli e non ne ho visto un paio non rotti all'arrivo.
Per le calze ho sottovalutato la situazione. Scarpe in gorotex e calze impermeabili per me sono incompatibili in quanto il mio piede soffoca. Le calze impermeabili tengono, ma poi arrivano ad un punto che s'inzuppano troppo e vanno cambiate. Una volta ogni due giorni al massimo. La calza sottile sotto, invece,  tutti i giorni. Con solo due paia di calze impermeabili e tre paia leggere, mi sono trovato alle strette. Calza normale e scarpa in gorotex, invece, non mi hanno convinto, anche se possono avere la loro logica in certe condizioni dove l'umidità non è eccessiva.
Strato base con mutande e maglia a maniche lunghe della x-bionic (3 paia complete). Niente da dire, una garanzia.
Per i guanti ho sempre indossato tutto il giorno quelli da ciclista come strato base. Veramente comodi. Permettono di usare i bastoni sempre, e maneggiare senza problemi gps e mappe. Ho usato un copri guanto impermeabile e antivento della Salomon. Ottima funzionalità ma non ha tenuto tutta la gara.  Il problema dei guanti da ciclista è che la punta delle dita sono esposte al vento e alla pioggia. Col passare dei giorni le dita si sono tutte tagliate in punta.
Per la notte, invece, guanti invernali tipo sci, fintanto che non li ho persi. Il prosieguo l'ho fatto con dei guanti in gorotex di riserva non adatti alla situazione, in quanto faticavo a metterli con le dita sempre bagnate.
Durante le prime notti traumatiche post gara, poi, mi sono svegliato d'improvviso in un bagno di sudore sentendo i guanti da ciclista addosso, come una seconda pelle, anche senza indossarli veramente.

Navigazione. Il gps è obbligatorio ed ho usato il mio vecchio Garmin Map60sx. Un modello che avrà una dozzina d'anni, che sembra uguale ai nuovi Map66, ma alla prova non lo è. Questo è stato un punto molto debole. Anche la maneggevolezza è importante, infatti il dispositivo deve essere sempre accessibile in qualsiasi condizione. In tasca, o peggio nello zaino, non è il posto giusto.
Alcuni ne avevano uno di riserva. Al checkpoint 5, infatti, viene controllato se il gps è ancora funzionante. Se non lo è la gara finisce lì.
Per le mappe cartacee ho usato quelle della guida "Pennine way" per un totale di 135 che, dopo averle tagliate dal libro, ho plastificato pagina per pagina. Non hanno passato il check del materiale obbligatorio e quindi ho portato anche quelle ufficiali in scala 1:40 000, che però sono riamaste sempre nello zaino.
Il problema principale delle mie mappe è che non sempre è stato facile trovare la posizione in modo corretto. Credevo di essere in un punto invece ero in altro e la navigazione ne ha risentito.
La bussola Silva Expedition completa il kit navigazione. Veramente ottima anche se l'ho usata molto poco.

Altro materiale. Per il coltello ho scelto il modello Light My Fire, per via dell'accendi fornello incorporato, anch'esso obbligatorio (un semplice accendino non andava bene). Scelta un po' ardita per via del peso e del volume. Il coltello, comunque, l'ho usato per aggiustare lo zaino al checkpoint 5 e il porta-mappe al checkpoint 4, non facendomi mancare anche un taglio alle dita.
Occhiali da sci a visiera trasparente Uvex. Che poi non provengono dallo scompartimento sci, dove ho cercato invano, ma da quello antinfortunistica. Sembra che le visiere trasparenti non vengano usate nel mondo dello sci. Comunque ottimi e usati spesso, specialmente di notte. Una visiera oscurata non è assolutamente consigliabile.
Orologio Tomtom  con caricate tutte le mappe gpx della Spine. Mai usate. L'ho guardato solo di notte per vedere l'orario quando mi svegliavo al checkpoint. Mai ricaricato, con l'indicazione dell'ora che è rimasta attiva per tutta la gara. La navigazione con l'orologio è stata del tutto inutile.
Telefono Nokia 1110. Al controllo materiale della partenza non aveva segnale, ma solo per un problema di campo. Infatti il segnale alla partenza è veramente molto basso. Batteria che ha tenuto tutta la gara senza problemi. I tasti consumati rendono difficoltosa la scrittura delle sms, gli unici messaggi disponibili su questo telefono. Mi sono aiutato con messaggi preimpostati per ogni evenienza. Credo di aver mandato quattro o cinque messaggi durante tutta la gara e non ho mai telefonato. Per me un gran vantaggio.
Lampade frontali: tre. La Ay-Up, che uso di solito in tutte le altre gare, ha un'autonomia massima di 20 ore di utilizzo ininterrotto  usando tre accumulatori (8+8+4). Tra l'entrata e l'uscita dal checkpoint, se non mi dimenticavo, riuscivo a caricare 2 accumulatori sufficienti per arrivare al checkpoint successivo. Altrimenti ho usato una Seo5 ed una imprecisata Petzl dello stesso livello, entrambe a 3 batterie AAA. Sia la Seo5 che la Petzl  sono lampade che hanno un fascio di luce troppo debole per consentire una navigazione sicura e veloce nella notte. Con la  Ay-Up, invece, nessun problema.

Come si vede, la lista del materiale della Spine è  abbastanza impegnativa. Però è stato molto interessante costruirla passo passo nel tempo cercando di migliorarla dopo aver provato il materiale in allenamento. Ho fatto diversi errori di scelta, ma nel complesso, per un debuttante come me, non è andata affatto male.