Sono seduto in un prato dietro alla partenza. Osservo gli altri corridori che effettuano il riscaldamento prima del via di questa corsa in montagna. Gara breve, 3,5 km per 700 metri di dislivello positivo, in un paese a neanche un'ora da casa mia. Un tizio si gira verso di me e recita a voce alta "Perché mi sono iscritto?". Forse cerca una faccia complice nella sua non voglia di partire, ma io sono qui per correre, anche se sto qua seduto. Eccome se voglio correre. Dopo svariate settimane dia pausa, di allenamento omeopatico, senza gare, finalmente riprendo. Mi alzo quando il via è già stato dato e pian piano provo a risalire il gruppo. Il sentiero è molto stretto, non c'è spazio per superare, ma c'è tempo. La tattica che uso è quella di attaccarsi dietro a quello che mi precede fino a quando trovo un spiraglio per passare o mi cede il passo. Non c'è molto da correre su questo sentiero, ma appena la pendenza cala un attimo, subito passo alla corsa. In meno di tre quarti d'ora sono in cima, brevissima discesa, taglio il traguardo con un salto e ventisei partecipanti sono già da tempo al ristoro finale. Non ho un gran bisogno di pause e con il pacco gara in spalla mi rimetto subito di corsa per ritornare. Finisco, però, in una strada chiusa che provo a far continuare in un fantomatico sentiero che non esiste. Solo strapiombo, alberi caduti, ortiche e un grande materasso di foglie secche. Striscio giù e quando la pendenza diventa percorribile, affiora un ruscello che occupa tutta la via della gola rendendo tutto molto scivoloso. Alla fine, impiegando un tempo doppio rispetto alla salita, ritorno alla partenza. Lì non manco di fare visita alla vendita di Krapfen giganti, una vera attrazione qui a Maria Schutz, oltre al Santuario.
Un ottimo rientro alle gare in una tipologia di percorso per me nuovo. La classifica finale si trova qui, i dati del mio Garmin qui.
martedì, maggio 27, 2014
venerdì, maggio 09, 2014
Tra una gara e l'altra
Alcuni mi hanno chiesto come mai non scrivo più i resoconti delle mie gare. La risposta è molto semplice: non sto partecipando a nessuna gara e ancora peggio, non ne sto preparando nessuna. Il motivo di questa enpasse è che il mio piede non ne vuol sapere di tornare a correre. O meglio, mi lascia correre un po' e poi il giorno dopo protesta. Che aspetti due giorni, o tre settimane, sembra non cambiare nulla.
Leggevo un intervista ad un motivatore all'attività fisica. La sua ricetta è quella di fare leva sulle motivazioni intrinseche, come la bellezza di un allenamento più che sulle motivazioni estrinseche, come correre una maratona col tempo personale. Ecco, questo infortunio mi va proprio ad attaccare nelle mie motivazioni intrinseche mentre sembra lasciare inalterate quelle estrinseche. Grazie alle varie terapie sono riuscito a correre la maratona di Vienna vicinissimo al mio limite, ma con un allenamento forzato, limitato e reso possibile solo grazie a supporti esterni e farmacologici. Volendo guardare bene, quest'infortunio è un piccolo dolore che però genera una grande sofferenza. Una condizione che garantisce agli psicologi un'abbondante clientela .
In settimana ho partecipato alla presentazione di un libro di Pallavicini, un autore che non conoscevo ma molto interessante, che, scrivendo "Romanzo per Signora", ha detto di aver risparmiato molte sedute dall'analista. Magari funziona anche con un blog.
lunedì, aprile 14, 2014
Maratona di Vienna 2014
Domenica mattina vado alla partenza in bici, nessuno in giro, si sentono solo solo gli uccelli che cantano e ad un certo punto, sento un coro di galline. Mi chiedo chi possa avere installato un vero pollaio in mezzo alla città e di quello che ne possano pensare i vicini. Atmosfera pregara. Prima della partenza incontro per caso un mio amico che abita anche lui a Vienna, partecipa alla staffetta ma si è infortunato ieri. Gli dico che per me non è un problema correre con il suo chip e così partecipo anche alla staffetta per conto terzi. Sono davanti al camion dove si consegnano le borse del cambio, pettorali da 800 a 1600 e uno sveglione lascia la sua borsa con un numero cinquemila e qualcosa e sparisce. La tipa lo chiama, ma non c'è più. Al via parto in prima fila del mio blocco, di traverso. Partenza tranquilla e al km 16 il passaggio di consegne della staffetta. Non so chi devo mettere in moto e allora urlo il numero di pettorale della staffetta, diverso da quello che indosso, suscitando una risata generale. Il mio amico sbuca dalle retrovie e fa partire il secondo. Ora continuo con il mio ritmo. Passo la mezza, di nuovo nel Ring e via verso il Prater. Una volta superato i trenta chilometri ed entrato nel parco della famosa ruota, comincio a sentire la stanchezza. Pur conoscendone ogni metro, il fatto di vedere quelli che tornano indietro mi fa uno strano effetto e faccio fatica a tenere il ritmo. Una volta fuori dal parco, manca veramente poco. Qui mi supera Michele lanciato verso il secondo posto della classifica OMV, che mi chiama, ma gli dico che può continuare da solo: sono al gancio. Le gambe hanno calato l'andatura, non ne vogliono proprio saperne di aumentare e non ho voglia di star lì a trattare. Non è però un gran problema. Gli ultimi tre chilometri col sorriso stampato sulle labbra, mi lascio trascinare dal pubblico, anche perché non vedo come potrei fare diversamente. Al traguardo il cronometro, per quello che può contare, mi dice che sono andato decisamente meglio dello scorso anno (3h:22). Bella fatica, nel 2013 ero andato a passeggio. Col sacco del dopo gara non ci sono problemi di indigestione, così non vedo l'ora di gustarmi un bel Kaiserschmarr, lo stesso piatto che davano al pasta party del sabato nella splendida sala del municipio. La giornata finisce con un'ottima cena in compagnia di nuovi amici maratoneti.
Appuntamento al prossimo anno, per l'edizione 2015 ho già effettuato l'iscrizione.
I dati del mio Garmin si trovano qui.
Il dettaglio della classifica qui
Appuntamento al prossimo anno, per l'edizione 2015 ho già effettuato l'iscrizione.
I dati del mio Garmin si trovano qui.
Il dettaglio della classifica qui
sabato, marzo 15, 2014
-4 settimane a Vienna City Marathon
Mancano quattro settimane alla mia prossima maratona e ormai il mio ciclo di giri dai dottori sta per finire. Mi manca solo l'ultimo colloquio con il mio ortopedico e poi dovrei essere pronto per la gara. Se passo in rassegna le tappe percorse, con medico di famiglia, ortopedico e poi radiografie, direi che il più è fatto. Sto facendo tutto il possibile, tranne correre.
Corri quando stai bene, fermati quando senti male. Un principio molto semplice da seguire, ma, purtroppo, non tiene conto della mia natura umana. Quanti principi così semplici ci sarebbero da seguire, eppure alla prova dei fatti rimangono solo dei buoni propositi. Nancy non dovrebbe fermarsi al distributore di sigarette, fumare le fa male e subito cinque euro hanno già lasciato la guida metallica che li risucchia mentre la scatola dai pulsanti di plastica sgancia il nuovo pacchetto col resto. Il fast food non fa bene al colesterolo di Nancy, e allora perché è in fila ad aspettare le sue patatine fritte? Mi chiedo se nel paradiso terrestre, prima che l'uomo incontrasse il serpente, le cose funzionavano come gli esperti ora ci insegnano. Magari allora si usava la doppia porzione di maionese nel big-mac, o le cicciole fritte nello strutto prima d'andare a letto, tanto mica si moriva. Poi però si è voluto provare un cibo salutare come la mela e track, l'inizio della fine. Ma torniamo alla mia corsa, quella come l'isola che non c'è.
Presto tornerò a correre e un nuovo ciclo potrà ricominciare. Metterò da parte i vari orologi smart, cancellerò le tabelle, indosserò un paio di scarpe qualsiasi e passeggerò lungo il fiume. Dopo qualche tempo inizierò ad accelerare fino a quando, per un istante, nessuno dei due piedi toccherà più il suolo. E allora sarò di nuovo di corsa.
Non vedo l'ora.
mercoledì, febbraio 19, 2014
Una pausa verso Vienna VCM
Di questi tempi non ho avuto modo di aggiornare il mio blog in quanto ero più impegnato a correre che a scrivere.
Ci ha pensato però, il mio piede destro a concedermi l'occasione di una pausa. Come ogni anno, anche quest'anno non ho potuto rinunciare ad un infortunio, sempre in punti diversi, sempre nuovo, ma puntuale come un cronometro Svizzero. Tendiniti ad orologeria. Non è la prima volta, non sarà l'ultima, non vedo perché mi dovrei alterare.
In questa pausa mi sono imbattuto in un testo di Jonathan Briefs, il mental coach della nazionale di salto di sci austriaca. Visto i suoi risultati scadenti alle olimpiadi, magari non un gran profeta, ma mi ha molto colpito una sua frase: "raggiungere il proprio obiettivo come se non si avesse nessun obiettivo". E allora avanti anche per la maratona di Vienna con Obbiettivo Nessuno.
sabato, gennaio 25, 2014
Guido van der Werve
Nella mia giovanissima carriera di ultra-maratoneta è facile imbattersi in personaggi che, dall'alto della loro esperienza, si propongono come modello. Scrivono libri, danno consigli, organizzano seminari, diventano allenatori, vanno in televisione e magari continuano a solcare la scena dell'ultra con successo. Personaggi esemplari e a volte mitici.
Vorrei, però, segnalare un personaggio particolare, l'artista olandese: Guido van der Werve. È un'artista contemporaneo che nel suo tempo libero ha cominciato a correre, prima maratone, poi ultra e triathlon estremi. Ultimamente ha integrato il suo hobby direttamente nel suo lavoro di artista, con risultati molto interessanti. La sua ultima opera è Nummer vijftien, a war with oneself, un video nel quale Guido van der Werve compie un triathlon speciale da Varsavia a Parigi da 1700km, sulle tracce di Chopin. Il video tocca anche altri temi, come la vita di Alessandro Magno. La colonna sonora del video è una messa Requiem composta dallo stesso van der Werve. In un opera precedente, si è filmato mentre girava intorno alla sua casa per 12 ore.
Sono riuscito a vedere la sua ultima opera qui a Vienna nel museo della Secessione. Il suo lavoro mi ha molto colpito. Un po' per le immagini di quei lunghi giri in bici, che mi hanno ricordato i giorni passati in bicicletta sulle Alpi. Poi anche i personaggi storici che cita, persone che per volere del destino hanno lasciato le loro terre natali senza mai più ritornarci. Però è l'aspetto dello sport di resistenza che più viene esaltato. Il suo non-senso palese, che così evidente sembra l'unica possibilità per accettare la propria esistenza per quella che è. Che senso può aver avuto l'eterna battaglia di Allesandro Magno che dopo aver conquistato i territori dell'oriente, non è riuscito a tornare a casa e non ha nemmeno una tomba? E quale senso può aver avuto la vita di Chopin, che una volta lasciata la sua patria grazie al suo talento gli è stato impossibile ritornarci e la sua salma si trova divisa tra Parigi e Varsavia? Sono queste le domande che vedo nel video di Guido van der Werve alle quali lui risponde nuotando, pedalando e correndo. E, come me, corre intondo per ore per trovarsi sempre e inesorabilmente nel punto da dove era partito (The Art of Running in Circles ). Ma se questo non è vivere la metafora della vita, allora che cos'è?
Vorrei, però, segnalare un personaggio particolare, l'artista olandese: Guido van der Werve. È un'artista contemporaneo che nel suo tempo libero ha cominciato a correre, prima maratone, poi ultra e triathlon estremi. Ultimamente ha integrato il suo hobby direttamente nel suo lavoro di artista, con risultati molto interessanti. La sua ultima opera è Nummer vijftien, a war with oneself, un video nel quale Guido van der Werve compie un triathlon speciale da Varsavia a Parigi da 1700km, sulle tracce di Chopin. Il video tocca anche altri temi, come la vita di Alessandro Magno. La colonna sonora del video è una messa Requiem composta dallo stesso van der Werve. In un opera precedente, si è filmato mentre girava intorno alla sua casa per 12 ore.
Sono riuscito a vedere la sua ultima opera qui a Vienna nel museo della Secessione. Il suo lavoro mi ha molto colpito. Un po' per le immagini di quei lunghi giri in bici, che mi hanno ricordato i giorni passati in bicicletta sulle Alpi. Poi anche i personaggi storici che cita, persone che per volere del destino hanno lasciato le loro terre natali senza mai più ritornarci. Però è l'aspetto dello sport di resistenza che più viene esaltato. Il suo non-senso palese, che così evidente sembra l'unica possibilità per accettare la propria esistenza per quella che è. Che senso può aver avuto l'eterna battaglia di Allesandro Magno che dopo aver conquistato i territori dell'oriente, non è riuscito a tornare a casa e non ha nemmeno una tomba? E quale senso può aver avuto la vita di Chopin, che una volta lasciata la sua patria grazie al suo talento gli è stato impossibile ritornarci e la sua salma si trova divisa tra Parigi e Varsavia? Sono queste le domande che vedo nel video di Guido van der Werve alle quali lui risponde nuotando, pedalando e correndo. E, come me, corre intondo per ore per trovarsi sempre e inesorabilmente nel punto da dove era partito (The Art of Running in Circles ). Ma se questo non è vivere la metafora della vita, allora che cos'è?
domenica, gennaio 19, 2014
Nuove scarpe Altra
Con l'inizio del nuovo anno ho voluto ampliare il mio assortimento di scarpe. Voglio puntare decisamente su scarpe a basso drop, vale a basso differenziale tra punta e tallone. Questo per cercare di prevenire problemi al tendine d'Achille e un po' per migliorare lo stile. Ho già un paio di soluzioni in questa direzione, come le inov8 e le calze Leguano. Le Leguano non hanno in pratica protezione e questo mi da dei problemi sulle ossa dei piedi. Però per camminare nel dopo corsa sono ottime. Le inov8 sono notevoli, ma siccome lo scorso agosto al Dirntal Extreme ho finito la gara con un buco sull'alluce usando la Sportiva CLite 2.0, volevo provare qualcosa di ancora più largo in punta delle inov8. Per questo ho scelto le scarpe della marca americana Altra. Ho preso un modello Trail, l'Altra Superior e un modello da allenamento su strada, l'Altra Instinct 1.5. Entrambe sono a drop 0 ma con un minimo di ammortizzamento per le Superior e ancora di più per le Instinct 1.5.
Approfittando delle vacanze natalizie ho voluto provare le Altra Superior direttamente sul campo. Così ad un orario indecente mi sono avviato in macchina verso il Pilachtal per provare direttamente sul percorso gara le nuove calzature. Sono partito da Frankenfels, sede del check-point 4 del Dirndtal Extreme, per passare sul Pichl e giù fino al check-point 5. Poi la salita sull'Eisenstein al check-point 6. Avevo previsto di passare anche sul check-point 7, ma degli imprevisti mi hanno fatto cambiare idea. L'imprevisto principale è stato quello di sbagliare strada appena partito, dove una volta salito sul Pichl sono sceso dalla parte sbagliata trovandomi così, quasi al punto di partenza. Quando poi sono arrivato in cima all'Eisenstein la nebbia, la neve e l'ora persa girando intorno, mi hanno fatto decidere di accorciare il giro. Non c'è nulla di più demoralizzante che sbagliare strada, per fortuna che non ero in gara, un errore simile può essere fatale. Correndo sugli stessi percorsi di qualche mese fa, anche se con trentasette gradi in meno, è stato come rivivere quei momenti.
Le scarpe Superior si sono rivelate molto comode, con la giusta protezione e adatte a macinare dei chilometri. Non sono però così precise come le inov8 trailrock 245, penso che quest'ultime le proverò sullo stesso percorso per vedere le differenze. Debbo dire che alla fine della sessione mi facevano male i talloni. Mi devo ancora abituare bene al drop 0, sopratutto in discesa.
Qui il dettaglio del mio Garmin del giro nel Pilachtal, un uscita in solitaria da 5h:53' per 42.7km con 2000 metri in positivo.
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