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mercoledì, giugno 28, 2017

Avanti!

Prossima tappa venerdì 30 giugno 2017 dove debutterò, a Irdning (Stiria), nella specialità della 24 ore. La gara prenderà il via alle ore 19 di venerdì e si concluderà, ventiquattro ore dopo, alle 19 di sabato. Il live della gara si trova su 24h-lauf.at.

domenica, giugno 18, 2017

Mozart 100 - 2017

Assieme allo svizzero Geiger, classe 1942, prima del via,
fotografati dalla leggenda  Joe Kelbel 
Fine settimana trascorso a Salisburgo, dove sabato 17 giugno ho partecipato per la terza volta consecutiva alla Mozart100, gara del World Tour Trail. Tre partecipazioni e tre percorsi diversi. Quello di quest'anno ha abbandonato il doppio giro, ristori tipo maratona e molte strade asfaltate, diventando un giro unico attorno alla città di Salisburgo con i suoi laghi del Fuschl See e Wolfgangsee. Percorso molto selettivo, non tanto per l'incremento dell'altimetria, che ha raggiunto quasi 5000 metri di dislivello positivo, ma per il fatto che i nuovi tratti sono stati molto impegnativi, con scalinate e sassi a non finire. Se alla mia prima volta alla Mozart sono riuscito a correre quasi tutto il percorso senza zaino, quest'anno ho dovuto menare non poco i bastoni per scavalcare tutte le salite e arrivare in tempo per prendere l'ultimo treno per Vienna. Non mi sono fatto mancare il consueto bagno nel lago Fuschl, senza bagnanti per via del vento e del cielo nuvoloso.
Dopo 15h:54'  ho così terminato la mia prima ultra stagionale al 68-emo posto su 381 iscritti. Tranne un po' di ruggine nelle salite coi bastoni, non ho incontrato i problemi delle gare affrontate in maggio. La classifica finale si trova qui.

Per concludere, posso dire che il percorso della Mozart 100 è di fatto diventato un percorso da World Tour Trail e la partecipazione di numerosi atleti stranieri, più della metà, tra di loro anche molto forti, ne conferma la qualità. Per quanto mi riguarda, il percorso degli anni passati era l'unico in cui riuscivo a corre quasi sempre e in più lo finivo in un orario più tranquillo per tornare in giornata. In ogni modo l'arrivo in centro in una città come Salisburgo all'ora dell'aperitivo  rimane sempre un grande spettacolo.
Controllo materiale
Ristoro del km 10

venerdì, giugno 02, 2017

Trail del salame

I crampi mi hanno bloccato qui
Domenica 28 maggio sono tornato a San Michele Tiorre per correre per il secondo anno consecutivo il Trail Del Salame, gara sugli Appennini parmensi da 36km con 1600 D+.
Condizioni totalmente differenti rispetto al 2016, con caldo e sintomi di allergia al fieno. Ma la difficoltà più grande da superare sono stati i crampi, che mi hanno frenato quando ancora mancavano 15km al traguardo. Mai avuti prima d'ora così forti e intensi. Una volta raggiunto l'arrivo, essi mi hanno poi inchiodato sulla sedia della foto per almeno tre quarti d'ora. Alla fine ci ho messo quasi mezz'ora in più rispetto allo scorso anno per il 36-emo posto finale in 4h:33', confermando ancora di più i problemi che ho avuto in questo mese negli passati, quando il meteo è stato soleggiato.

facile facile quando la strada è asciutta

martedì, maggio 16, 2017

Prossimo

35000 medaglie pronte per la distribuzione al Frauenlauf
Archiviata la fase delle maratone, ora riprendo il filo delle ultra, anche se quest'anno la mia stagione inizierà solo il 18 giugno con la Mozart 100. Poi proseguirà in agosto con il Dirndltal Extreme, in settembre con l'Adamello 180 per finire in ottobre con il Rund Umadum a Vienna.
Come preparazione, mi sono iscritto per il secondo anno consecutivo al Trail del Salame a fine maggio, mentre domenica prossima sarò impegnato nel Frauenlauf.
Manca quest'anno una corsa inedita, chissà che strada facendo non mi capiti l'occasione.

martedì, maggio 09, 2017

Maratona del Welsch

A pochi metri dal traguardo
Dopo due settimane dalla maratona di Vienna, sono tornato a cimentarmi nella distanza regina nel sud della Stiria per la classica maratona del Welsch, giunta ormai alla 23-ema edizione. Per me è stata la quarta presenza, la terza da Ehrenhausen a Wies.
Quest'anno il mio gruppo sportivo Freunde Des Laufsports non ha iscritto nessun gruppo, così mi sono presentato ai nastri di partenza senza nessun obbiettivo particolare, se non quello di incrementare l'altimetria in vista della prossima Mozart100 in giugno.
La gara è stata contrassegnata da un bellissimo meteo che ha messo a dura prova la mia gestione di gara. I primi chilometri li ho corsi ad un ottimo ritmo e alla mezza, il mio TomTom segnava un tempo di 1h:50', avendo affrontato le salite con un ritmo deciso e controllato in discesa. Poi dopo i primi sintomi di stanchezza alle gambe, ho provato a tenere duro fino alla salitona del km 32, dove poi sono passato al passo chiudendo di fatto la mia prestazione. A questo punto non sono quasi più riuscito a tornare alla corsa, precipitando in uno split positivo di 27'. L'ultima spiaggia è stato il ristoro del km 40, dove sulle ali dell'entusiasmo per essere tornato alla corsa per inerzia (discesa), ho provato il turbo con un bicchiere di vino bianco Welsch Riesling. Il risultato è stato catastrofico e per poco non sono dovuto andare infermeria per problemi intestinali. Sempre di buon umore ho tagliato il traguardo dopo 4h:08', mantenendo comunque delle riserve per la festa finale sotto il classico tendone allestito nella piazza di Wies.

Anche se la tenuta sulla distanza non è stata delle migliori, la maratona del Welsch è stata una buona tappa di avvicinamento alla prima ultra stagionale. Dopo le mie precedenti passate apparizioni al Welsch, che per diverse ragioni le ho sempre affrontate tirando fino all'ultimo, questa volta volta mi sono concesso un approccio più soft cercando sempre di gustarmi la corsa nonostante le difficoltà incontrate. Da bocciare tutte le prove che ho fatto col vestiario, dalla canottiera alle calze che mi hanno quasi dissanguato. La classifica finale si trova qui.

 
Seconda parte di gara
Welschriesling: c'è una ragione per cui questi tipi di bicchieri
e bevande non si trovano spesso nei ristori delle maratone  

giovedì, aprile 27, 2017

VCM 2017

Nel Prater
La 34-ema edizione della Vienna City Marathon è ormai storia. Dopo la nevicata di mercoledì in città, il tempo si è un po' aggiustato alla domenica, con sole, basse temperature e un vento quasi sempre contrario molto fastidioso.
È sempre bello partire la domenica mattina presto per portarmi alla partenza ed incontrare solo corridori. La metropolitana era intasata, ma lo stesso sono riuscito a riconoscere qualche amico prima della partenza per gli ultimi saluti prima del via.
La temperatura era quella ideale per le grandi prestazioni, il vento forte, invece, proprio no. Sono partito dal secondo blocco senza particolari problemi ed ho tenuto il mio ritmo con un po' di riserva per i momenti migliori del fine gara, che però non sono mai arrivati. Nella ricerca delle scie sono andato un po' troppo a sprazzi e alla fine le gambe pesanti mi hanno impedito di correre il mio miglior tempo nella maratona di Vienna per un minuto e mezzo finendo in 3h:23', alla mia quinta partecipazione consecutiva. Però dopo due anni filati sopra le tre ore e mezza, con il miglioramento di quest'anno quasi quasi mi è tornata la voglia di continuare con l'allenamento della maratona, anche se gli stimoli per correre contro il tempo non sono mai stati il mio forte.
Col fatto di aver anche partecipato alla staffetta aziendale con il parziale dei primi 15km, ho avuto, oltre alla doppia medaglia, un seguito nel classico locale del Prater.
In ogni modo il dopo gara è stato un tour de force, con visita medica immediata per lo studio scientifico ULTRON e annesso buffet, poi un passaggio al locale Shuttel dei Freunde Des Laufsports con tanto di birra post VCM e alla fine nella Schweizerhaus per concludere in bellezza la giornata.

Il 6 maggio si replica con la maratona del Welsch.



domenica, aprile 02, 2017

Comincia la stagione del Trail: Lindkogel Trail

Prima salita Jubiläumskreuz
Nel pieno della preparazione della maratona di Vienna, ho deciso di aprire una parentesi nella tipologia di allenamento recandomi alla vicina Bad Vöslau per partecipare al Lindkogel Trail, gara di apertura della stagione trail da 32,8km e 1300 metri di dislivello positivo. È stata la mia terza gara in tre settimane, dopo una breve parentesi a Fischament per classici 10km, terminati con un tempo di 43':16"  non proprio brillante come le altre volte.
La prima edizione del Lindkogel Trail ha visto la partenza di oltre 160 trailer, un numero non male, dove il percorso non ha mai lasciato il tempo per trovare un ritmo tranquillo.
Interessante è il fatto che le mie gambe si siano comportate meglio su terreni che quest'anno non ho ancora provato, come le discese e le salite ripide. I problemi maggiori, invece, li ho avuti nel finale, dove le gambe erano bollite, ma anche nelle parti di leggera pendenza, sia in salita che in discesa.

Altra gara dalla navigazione eccellente, dove alcuni hanno accennato a dei problemi di balissaggio, che per me erano inesistenti. Gara passata assieme a Michele dove per lunghi tratti abbiamo condiviso lo stesso ritmo, ma alla fine ero proprio piantato e non sono riuscito a tenere la sua scia, terminando comunque in un ottimo 3h:39':06".
In ogni modo questo è stato solo un assaggio del prosieguo della stagione improntata ancora sull'ultratrail. Nelle prossime settimane, invece, la divisa è quella di finalizzare la preparazione alla maratona di Vienna ormai alle porte.
La classifica finale del Lindkogel Trail si trova qui.

Al traguardo

domenica, marzo 19, 2017

Ritorno alla gare con la mezza maratona

LCC Eisbäerlauf  3
Dopo diverse settimane di ininterrotto allenamento, ho trovato finalmente il tempo e la voglia per tornare a gareggiare in una mezza maratona. Era dal 2012 che non partecipavo più a questo tipo di gara, e oggi, col numero attaccato alla maglia, mi è tornato subito chiaro il motivo. Per me stare più di novanta minuti ad una frequenza cardiaca vicina, o sopra, al 90% della frequenza massima, è uno sforzo che non riesco ad improvvisare. Sui 5, o magari 10 chilometri, mi risulta più facile, mentre nella maratona il mio ritmo è più tranquillo, senza parlare delle ultra.  Siccome quest'anno sono riuscito ad effettuare delle sessioni in soglia, ho voluto vedere il peso che hanno avuto sulla mezza. Il meteo è stato fresco e decisamente umido, condizioni ideali per scartare un possibile influsso dei pollini, ormai in piena stagione.
In gara sono tornato ad usare un orologio gps, nel mio caso un tomtom 3 nuovo. Non ha avuto molto peso rispetto alle gare fatte senza orologio perché il pace che indica il tomtom è costantemente sballato. Invece quando poi scarico i dati sul computer, i dati risultano corretti. Per me è solo un dispositivo di tracking o al massimo per controllare il tempo trascorso durante la gara.

La gara LCC Eisbärlauf 3 l'ho conclusa in 1h:32':51", solo venti secondi in più rispetto al mio personale segnato nel 2012, con tre giri da sette chilometri fatti sempre impiccato (30':09",30':51' e 31':45"). Al primo giro non sono neanche riuscito a riconosce Michele che mi ha accompagnato per un breve tratto. Un risultato alla vigilia inaspettato. La classifica completa della gara si trova qui.

Prossimi appuntamenti con le gare: domenica prossima con la 10km a Fischament, un classico che ho affrontato già tre volte, e la novità del Lindkogel trail la settimana dopo.




mercoledì, febbraio 15, 2017

Vita da maratoneta

Studio di tabelle col solito risultato: infortunio.
In questo frangente della mia carriera di podista post mezza età, il ritorno ad un regime di allenamento pre-maratona, che qualcuno magari arditamente definirebbe quasi serio, ho potuto riassaporare sensazioni già provate, che ahimè avevo quasi dimenticato. Vale a dire il classico infortunio di febbraio/marzo in vista della preparazione della maratona primaverile, quando il mio fisico, finalmente, comincia a rispondere bene agli allenamenti.
Non è stato un caso, infatti, che negli ultimi due anni passati non mi sia infortunato affrontando la preparazione all'acqua di rose. Magari con un'ultra in mezzo tanto per rallentare un po' le gambe, cancellare vecchi dolori e pervenire sessioni che nel giro di pochi minuti mi mettono subito KO, come neanche giorni interi passati senza recchia su valli e creste, mi hanno mai fermato.

Non che a correre ultra non mi sia infortunato, anzi, ma posso capire un piede che si prende un paio di mesi di vacanza dopo una serie di gare come Davos, Adamello e WRU. Ma non una gamba, che neanche dopo venti minuti, pretende tre settimane di relax perché quella sera gli girava così.
Solo per questo mi verrebbe voglia di iscrivermi ad una 500 miglia. Poi vorrei vedere se alla fine non riesco a far digerire, a queste signorine gambe così delicate, che magari non sia meglio una gara come la maratona invece di un'ultra. Ma alla fine lo so, che per ripicca sui piedi, faranno finta di niente e gireranno giorni interi come se niente fosse.
  

domenica, gennaio 22, 2017

Vita da ultra, vita da maratoneta

Se c'è un aspetto della vita da ultra-trailer che mi piace è che è inutile parlare di questo strano hobby con la gente che mi circonda in quanto difficilmente si viene capiti, sempre che ci sia qualcosa da capire. Alcuni colleghi ci provano arrampicandosi sugli specchi della forza della mente, della resilenza, che neanche il correttore ortografico di google sa cosa sia, magari davanti ad un pubblico composto da venditori di mobili. Ma è durissima.

Non come quando ho cominciato a correre con la prospettiva di affrontare la mia prima maratona, dove tutto il mondo doveva sapere quali sono stati i miei progressi di allenamento, le mie tabelle e così via. I social network hanno così un senso, spazio ideale per i primi successi, la tabella di allenamento e la dieta che si sta usando. E poi è molto facile incontrare qualcuno che si trova nella stessa situazione e ci si capisce subito. "Oggi ho fatto un lungo che ho finito alla Tergat", "Ieri sette ripetute sui mille metri ai tre e cinquanta al km", "Mi fa male il ginocchio, sarà colpa del drop elevato?".
Come si fa, dopo, a non ricevere un accenno di solidarietà, un consiglio sulle nuove scarpe o un'idea per un nuovo tipo di preparazione. 

Stiamo parlando di movimento fisico, il corpo apprezza, abbassa il colesterolo, riempie il fisico di endorfine e non può che non fare bene alla propria salute. Perlomeno così stà scritto in tutti i manuali della corsa e nella sezione salute del giornale gratuito della metropolitana, appena sopra alla foto del siluro d'acciaio che permette di perdere 20kg a seduta. "Basta non esagerare" dice sempre il mio medico prima di firmare il certificato per l'Adamello Ultra Trail 180. 

Perché anche il maratoneta più sprovvisto sa che che il carbo-loading si fa qualche giorno prima della gara, le vesti col numero, senza strapparle, si preparano la sera prima e non si gioca a dadi nelle ultime 12 settimane prima del giorno X, questo per far si che si avverino le scritture della "Maratona in 6 mesi".

In fondo, è quello che più mi piace della preparazione alla maratona di Vienna: un ritorno alla normalità della vita da podista. Qualche settimana di serio allenamento, come vogliono i professori, guru, radiocronisti e ingegneri, prima di tornare alla malsana vita da ultra, dove per preparare una gara tipo T201 passo più tempo a leggere Thomas Mann e guardare il film di Sorrentino girato a Davos, che sulle montagne.

lunedì, gennaio 09, 2017

Programma stagionale 2017

Con l'arrivo del nuovo anno, comincio a fare programmi per la nuova stagione. Non ho aspettato il 2017 per decidere le gare alle quali parteciperò, ma da tempo sono ormai iscritto alla Mozart 100, ultra trail del mese di giugno. Per aprile, non mancherà la mia partecipazione alla maratona di Vienna, così ad agosto sarò di nuovo al via del Dirndltalextreme. Per il resto della stagione, invece, è ancora tutto aperto, ma non sarà una stagione all'insegna di un allungamento delle gare, ma probabilmente abbastanza selettiva per quanto riguarda il numero delle mie ultra.

lunedì, dicembre 19, 2016

Materiale dell'anno: il fu Nokia 1110

Sempre con me quando è necessario
un telefono in gara
Difficilmente parlo di materiali su questo blog. Sui vari orologi super tecnologici non posso riferire, in quanto sono anni che non ne uso più uno. Degli zaini, quelli che oggi sembrano la leggerezza fatta veste, diventano la zavorra di domani. Sulle scarpe, quelle che sotto l'albero di Natale promettono i miracoli, a Pasqua sono l'origine di tutti gli infortuni della terra.

Solo un dispositivo ha superato la prova del tempo e mi ha accompagnato per tutti questi anni, senza abbandonarmi mai, dal monte Raut, al monte Lama, dal Segantini alla Casera Valine Alta, dall'Eisenstein al Rocco Ponnina.
Vale a dire il mio Nokia 1110, sempre con me quando il materiale obbligatorio richiedeva un telefono. Questo piccolo dispositivo, dal 2008, non mi ha mai fatto perdere tempo nello scattare foto, nell'aggiornare in gara Facebook e compagnia, con una batteria che dura una decina di giorni.
Perché ne parlo solo ora? Perché probabilmente non potrà più accompagnarmi in gara, in quanto l'altoparlante, assieme al mio piede sinistro, ha inspiegabilmente smesso di funzionare, trasformando le mie chiamate a direzione unica.

Ma è davvero così problematico non sentire l'altro interlocutore?

sabato, novembre 19, 2016

Bilancio stagionale 2016

Buone vacanze ai piedi
Anche quest'anno è arrivato il momento del post che tratta il bilancio della mia stagione appena conclusa.
Ancora da record per quanto riguarda i chilometri in gara: 1130 km e 39000 metri di dislivello positivo affrontati con un numero attaccato alla maglia.
Le ultra che ho percorso sono state 7, di cui solo una sotto i cento chilometri confermando il trend quantitativo dello scorso anno.
Devo dire che ho decisamente migliorato le prestazioni nelle gare in ambiente alpino, tra tutte un'ottima prestazione nell'Adamello Ultra Trail.
Già in gennaio ho affrontato la prima ultra just for fun, anche se con qualche problema muscolare.
Ho poi rispolverato il cross ed è stato divertente, tornando addirittura sul podio di categoria in una gara sotto i venti minuti.
Aprile, invece, si è confermato un mese problematico con un clima primaverile per me ostile, dove la maratona di Vienna e l'Abbots Way ne hanno risentito, anche se in quest'ultimo ho fatto molto meglio rispetto al 2015.
A fine maggio è stato il periodo di massima forma, con un ottimo piazzamento al Trail del Salame. Forma che ho cercato di mantenere per qualche settimana fino alla Mozart100, una delle due gare in cui ho cercato di andare sempre al limite, ma con una prestazione non esente da problemi. Problemi muscolari che non si sono risolti nei giorni successivi, e così mi sono ritrovato sul Veitsch a combattere, con successo, contro il mio primo DNF della carriera.
Agosto è stato il mese dell'Iron Trail, una gara che ho svolto con l'handicap della quota, ma che ho affrontato con lo spirito di finirla, trovando anche un ottimo inaspettato finale. Ma 200 chilometri in ambiente alpino, a tratti con maltempo, lasciano il segno.
In settembre sono tornato a gareggiare sulla Rax, gara dove mi aspettavo un tipo di prestazione che proprio non è arrivata. Ma forse è servita per poter affrontare con più umiltà l'Adamello, una gara nella quale ho avuto veramente ottimi momenti, anche se inframezzati da una crisi micidiale di stomaco, dove alla fine sono andato oltre il limite di sopportazione dei miei piedi ottenendo un piazzamento inaspettato.
In questo stato ho voluto lo stesso affrontare la preparazione al Wien Rundumadum sulla falsa riga dello scorso anno, ma il mio piede sinistro non me l'ha consentito. Così non mi è rimasto altro che affrontarla con l'obbiettivo, se possibile, di finirla per la terza volta consecutiva.

E le gare su strada? Tranne la Mozart, che però aveva solo il 40% di asfalto, sono andato decisamente peggio rispetto agli anni passati. Chissà che non sia lo stimolo per tornare a fare meglio in questa tipologia di gare.
 
 

martedì, novembre 01, 2016

Wien Rundumadum terza edizione

Classico arrivo in palestra al sabato sera dopo oltre 16h di gara
Ci sono gare con le quali faccio fatica a capire come mai abbia deciso di presentarmi al via, ma se il DNF (do not finish - ritirato in gara) non fa parte del mio curriculum, dopo una miriade di gare, anche il DNS (do not started - non partito)  mi risulta sempre più indigesto.  Così, con un allenamento in dosi omeopatiche nelle gambe, 3 uscite da 10km e una gara da 8km in 5 settimane, ma sopratutto un dolore al piede che non mi abbandona dal dopo Adamello 180, mi presento al ritiro pettorale di questo Wien Rundumadum edizione 2016, 130Km e 1800 D+ attorno a Vienna. Con Michele affrontiamo la notte in palestra, dove al rientro dalla cena dal ristorante indiano, la ritroviamo già in profondo sonno e quasi rimaniamo chiusi fuori. Prima del via, saluto e scambio qualche impressione sulla stagione appena trascorsa con molti personaggi conosciuti, per poi ritrovarmi all'inizio del breefing che non sono ancora pronto. Al via, anticipato di un'ora rispetto agli anni scorsi, sotto una fastidiosa pioggerellina, sento i primi mal di pancia. Forse il freddo, infatti ho dimenticato a casa i manicotti, oppure il cibo ingerito, non mi fanno stare bene per i primi chilometri. Che non sarebbe stata una gara comoda lo avevo già preventivato, ma almeno all'inizio speravo in qualche momento di relax, invece neanche il meteo è di conforto. Le suole delle scarpe non sono a posto e scivolano, l'intestino richiede soste extra nel bosco e allora mi tocca chiamare la moglie per farmi portare del materiale nuovo, un vantaggio nella gara che passa sotto casa, ma in altre gare lontane certi errori non li ho mai fatti. Col nuovo materiale e vicino ai miei terreni di allenamento, ho un piccolo momento dove mi sembra che tutto stia volgendo finalmente per il meglio. Helmut ci accompagna per un tratto lungo il Liesing e molti amici dei Freunde des Laufsports ci incitano sulla strada.
Invece nella Lobau, passata la metà della gara, vecchi dolori lasciano spazio a quelli nuovi con le gambe che non mi lasciano scampo costringendomi ad alternare la corsa alla camminata. Michele, però, non va molto meglio e così rimaniamo insieme, visto che entrambi andiamo a sprazzi. Forse è proprio in questi frangenti che l'esperienza gioca un po' a favore e senza perdere la testa, andiamo avanti aspettando momenti migliori.
Dopo tre edizioni, con molti test sul percorso in MTB senza segnali, la navigazione risulta invece ottima e rimane uno dei miei grandi vantaggi.  Anche in condizioni menomate di tanto in tanto si aggiunge la compagnia di qualcuno che vuole andare sul sicuro senza conoscere la strada.
Appena ne ho l'occasione, provo ad usare il ritmo che avevo lo scorso anno, ma sono fuochi di paglia. Arriva l'ultima discesa dal Bisamberg che mi distrugge gli ultimi pezzi funzionanti di muscolatura, ma ormai il traguardo non scappa più. Dopo 16h:39':39" tagliamo il traguardo nella palestra che ci ha ospitati nella notte precedente, e lo sforzo pagato si sfoga in grandi emozioni.
Prima di affrontare il check-up medico finale, ho bisogno di una lunga pausa da passare disteso in quanto non riesco a stare in piedi.
La classifica finale si trova qui.

Corsa sul Nase per la foto



domenica, ottobre 09, 2016

Verso Wien Rund Umadum: la corsa sul Kahlenberg

I miei piedi hanno visto tempi migliori 
Nell'attesa della mia ultima ultra stagionale a fine mese, il Wien Rundumadum ovvero il giro attorno a Vienna, come lo scorso anno mi sono iscritto alla corsa sul Kahlenberg, la montagna più famosa di Vienna.
Sono alla mia terza partecipazione, dopo il 2013 e il 2015. Quest'anno il terreno era in perfette condizioni, ma le mie gambe, o meglio i piedi, non ancora completamente ristabiliti dalle fatiche dell'Adamello, non erano all'altezza degli anni passati. Così anche questa volta ho avuto un peggioramento cronometrico di una cinquantina di secondi, terminando gli 8,3 km con 490 D+ in 36':52", per la 35-ma piazza. La classifica finale si trova qui.
A pochi metri dal traguardo
In discesa

sabato, ottobre 01, 2016

Adamello Ultra Trail 180, la mia gara


Cima Rovaia
Il racconto
Anche quest'anno, complice un fine settimana libero a disposizione, decido all'ultimo momento di prendere il via all'Adamello Ultra Trail 180, il percorso lungo. Rispetto all'Iron Trail, il team viennese è dimezzato e per la logistica decido di affidarmi al treno e macchina a noleggio per arrivare in tranquillità a Vezza D'Oglio. Alla partenza ritrovo volti già incontrati a Davos, come il team Tractalis che si occupa del live tracking e Jimmy Pellegrini, col quale scambio qualche battuta sui materiali in gara aspettando il via lanciato dal grande Silvano Gadin.
Partenza. Via puntuale alle nove in punto, con i bambini e ragazzi delle scuole tutti in fila a salutarci. Il meteo è bello, anche se c'è una certa umidità che spesso oscura il sole, rendendo la salita sulla Cima Rovaia molto confortevole. Non c'è la neve dello scorso anno, ma nel compenso vengo attaccato da un nuvolo di vespe da terra molto inferocite, una delle quali mi entra perfino nelle scarpe. Sulla Cima Rovaia, che lo scorso anno era stata tagliata, le nuvole rimangono sotto e il paesaggio è stupendo. In questi tratti iniziali il mio ritmo è tranquillo ed ho tutto il tempo per scambiare qualche impressione con l'olandese Willemijn, di sicuro un'atleta non di casa da queste parti, ma questo non le impedirà lo stesso di vincere la classifica femminile con un ottimo finale. Per quanto mi riguarda, la mia tattica di gara è abbastanza semplice, vale a dire andare tranquillo cercando di accorciare il più possibile il tempo passato ai ristori e rinunciare a dormire. Dopo il passaggio sull'anello delle bocchette, esprimo tutte le mie difficoltà nel cercare di mantenere la mia tattica al secondo ristoro, dove la parte più difficile risulta, vista la gentilezza dei volontari, quella di ripartire. Al primo cancello orario Bar de Pes arrivo intorno alle 17, con ottimo slancio. Qui mi ritrovo davanti ad un pezzo nuovo, la salita alla baita delle Graole con un sentiero tutto nuovo ed in perfette condizioni. Così, quest'anno, arrivo a Case di Viso da sopra, anziché da sotto. Questo paese è veramente pittoresco e dopo una breve sosta mi ritrovo a salire verso il rifugio Bozzi. È arrivato il momento di accendere la lampada e di fare conoscenza con un nuovo compagno di viaggio che è arrivato assieme al buio: la nebbia. La discesa verso la malga Cadì al passo del Tonale inizia con l'aggiunta di una fastidiosa pioggia. La nebbia a banchi è a tratti molto intensa e trovare le bandierine non sempre risulta così semplice, ma almeno non mi trovo su tratti esposti, ma sulla larga  pista da sci. Alla malga Cadì ritrovo il clima festoso dello scorso anno, così dopo un altro minestrone ed aver indossato di nuovo la giacca in gorotex, mi avvio verso la città morta, altra salita inedita. Sarà la salita lunghissima, saranno i tratti esposti, sarà la nebbia, ma questa ripida salita con altrettanta discesa mi lasciano il segno, marcando un grande divario tra i percorsi incontrati durante il giorno, che mi avevano illuso di come fosse tutto così semplice, e questi notturni. Al secondo passaggio al passo del Tonale, mi tocca indossare anche i pantaloni in gorotex in quanto ora piove a dirotto e i guanti bagnati mi congelano le mani.
Grazie al live tracking, quest'anno il ristoro di Vescasa è impossibile da saltare. Infatti le signore che hanno allestito un prelibato ristoro nel loro soggiorno, appena notano sul portatile che sta arrivando un corridore, escono per bloccarlo e guidarlo nella loro casa. Così dopo l'ennesima minestra, saluto e mi avvio verso la discesa.
Metà gara. Dopo una ripida discesa raggiungo Ponte di Legno, metà gara, verso le 6 del mattino. Qui decido di cambiare vestiti e scarpe, ma non di riposare, lasciando la base vita dopo pochi minuti.  Nella salita successiva, che sembra infinita, verso Bocchetta di Casola,  mi coglie una crisi di sonno in pieno giorno. Prima di arrivare all'agognato ristoro, devo passare diverse ore senza mangiare. Raggiungo poi Potagna più sotto e comincio ad incontrare i corridori della gara "corta", vale a dire l'ottanta. Al ristoro ho una fame da lupi e mi concedo una bella accoppiata pasta e birra. Il risultato è tutt'altro che buono e alla ripartenza ho una forte nausea con dolori allo stomaco. Anche il fatto di essere superato continuamente dai freschi corridori della gara corta non giova alla mia condizione, ma comunque riesco in qualche modo a raggiungere il rifugio Pornina, dove mi affido alle loro cure. Come lo scorso anno, questo non è il posto per ritirarsi e allora proseguo col mio ritmo lento verso il rifugio cascata, con lo stomaco di nuovo in ordine ma gambe svuotate. Anche qui c'è un nuovo tratto, la salita al Sant' Anna ha lasciato spazio alla salita verso il bivacco Festa sul passo Gallinera. Il paesaggio che mi trovo di fronte dopo il rifugio Aviolo è a dir poco incantevole, e qui mi concedo un bel bagno nell'acqua fredda del torrente per rassodare un po' i quadricipiti prima della salita finale del Gallinera. Dal bivacco al rifugio malga Stail c'è di mezzo una bella discesa tosta, che effettuo con la lampada di nuovo accesa. Alla malga l'addetto al controllo mi assicura che il peggio è passato, ma il mio umore non cambia, anche perché la picchiata verso Edolo è, come lo scorso anno, spacca quadricipiti e mi costa due ore secche.
A Edolo riesco a vivere gli ultimi minuti del sabato. Vorrei dormire un po', ma una volta notato che le brande sono fuori in piazza, riprendo subito il cammino verso la malga Mola. Ricordo lo scorso anno la grande fatica nell'affrontare questa ripida salita, ma questa volta non mi sembra così dura, nel compenso ho una sonno micidiale. Finalmente arrivo alla malga Mola e qui mi metto subito in branda, vorrei riposare un'ora, ma siccome dopo trenta minuti sono già sveglio, riparto col mio solito tran tran.
Tratto finale. In questi tratti penso allo scorso anno, al tratto dal lago del Mortirolo fino al traguardo, che sono riuscito a fare a tutta, ma visto lo stato delle mie gambe ora, quest'anno mi sembra proprio impossibile. Poi mi supera di slancio il numero 74 e qui accade qualcosa di strano. Mi viene voglia di provare a seguirlo e sorprendentemente i dolori che avevo camminando spariscono correndo. Da qui comincio a pregustare la discesa finale verso il traguardo, che effettivamente riesco a correre a tutta, dal lago del Mortirolo fino a Vezza, dove le prime luci del mattino mi danno una carica formidabile. Taglio il traguardo di Vezza con un grande sorriso dopo 47 ore e 16 minuti di gara, 29-emo, uno dei pochi che ha fatto meglio dello scorso anno, con un percorso decisamente più duro. Infatti, poco più della metà dei partenti è riuscita a terminare la gara. La classifica finale si trova qui. Il pranzo offerto al ristorante e la premiazione di tutti i finisher in piazza completano una giornata difficile da dimenticare.
Conclusioni. L'Adamello ultra trail 180 di quest'anno è stato sicuramente molto duro. Maltempo notturno ed un tracciato che diventa sempre più impegnativo con il passare delle ore, hanno fatto selezione. Per contro, la disponibilità degli organizzatori e dei volontari, nonché la bellezza dei posti, ne fanno una gara alla quale farò veramente fatica a rinunciarvi.

Ottimo torrente per una rifrescata prima del passo Gallinera
Case di Viso

Interno ristoro Case di Viso


martedì, settembre 20, 2016

Adamello AUT180, tutto pronto per Vezza D'Oglio

Fine settimana in cui tornerò a Vezza D'Oglio per la terza edizione dell'Adamello Ultra Trail con partenza venerdì 23 settembre alle ore 9. Il live della gara si troverà su http://www.adamelloultratrail.it/, con il mio arrivo previsto, se tutto andrà bene, alla domenica entro l'ora di pranzo, dopo 180km e 11500 di dislivello positivi di gara non-stop.

lunedì, settembre 12, 2016

Errori al T201

Aspettando di partire per Vezza D'Oglio, dove parteciperò all'Adamello Ultra Trail 180, vorrei elencare una serie di errori che ho fatto durante l'Iron Trail T201.

  1. Effetto quota. La pagina web del T201 consiglia un periodo di ambientamento di almeno cinque giorni. Visto che lo sponsor della gara era anche un hotel, ho pensato ad una trovata per incrementare i pernottamenti. Anche il libro di Hal Koerner, Field Guide To Ultrarunning a pagina 118 consiglia di arrivare solo un giorno prima piuttosto che tre o cinque. Risultato: fiatone, mal di testa fino a domenica, poi il mio corpo si è adattato e i sintomi sono spariti. Non avevo la possibilità di arrivare cinque giorni prima a Davos, ma almeno ora so che questo mi crea dei problemi almeno per quattro giorni.
  2. Scarpe. Ho corso con le scarpe Tecnica Inferno 3. Le stesse scarpe della Mozart 100 e l'Abbots Way. Il problema è che alla partenza avevano già un piccolo foro sulla tomaia. Al sabato in gara, però, dopo un venerdì piovoso, erano già voragini e le scarpe erano da buttare. Ma peggio ancora è stato per i piedi. In una gara come la T201, la tomaia deve essere perfetta, specialmente se piove. E magari un cambio di scarpe di scorta nella sacca vestiti non sarebbe stato male.
  3. Sacca vestiti. Non c'è di peggio che aprire la sacca vestiti al ristoro e trovare una canottiera inutile al posto di una maglietta. Un controllo extra di una sacca preparata da giorni non avrebbe guastato.
  4. Maglia a maniche lunghe 'effetto cool'. Ho una maglia a maniche lunghe con effetto cool, il quale proviene dalla velocità di corsa. Buono quando corro in strada, inesistente quando mi trascino in salita sotto il sole di mezzogiorno. Anzi, scalda. Al T201 in quota, dove il vento era molto forte, l'effetto cool era talmente forte che ho dovuto indossare un'altra giacca. I manicotti, invece, li ho abbassati in salita e tirati su, col vento in cima in un attimo, senza andare a tirare dentro e fuori la giacca dallo zaino.  
  5. Guanti. Sono partito con i guanti da ciclista e non ho avuto problemi fino a mezzogiorno, quando la temperatura si è abbassata di colpo. I bastoni in carbonio sono diventati dei ghiaccioli e le dita scoperte hanno cominciato a congelarsi. In teoria bastava fermarsi, togliere lo zaino e cambiare i guanti, magari riponendo i bastoni. Operazione che mi è sembrata impossibile sotto l'acqua, vento e zaino sotto la giacca impermeabile senza nessun riparo in vista. I guanti, invece, dovevano essere in un posto facilmente raggiungibile.  
Una lista sicuramente da non ripetere.

domenica, settembre 04, 2016

Corsa sulla Rax e Adamello

Passaggio spettacolare al Torl
Sabato ho scorso sono tornato sulla montagna Rax per l'annuale corsa, quest'anno con l'opzione di scegliere diversi percorsi. Ho scelto la novità del tragitto denominato Extreme da 15km e 1400D+, anche per provare del materiale nuovo in gara. La corsa non è andata secondo le mie aspettative e mi sono trovato inchiodato anche in tratti dove la corsa in salita era più che fattibile. Col tempo di 2h:20' mi sono garantito l'11-ema posizione di categoria, in passato ho fatto decisamente meglio. La classifica finale si trova qui.

La gara sulla Rax è stato l'ultimo test che mi ha dato il via libera definitivo per iscrivermi, per la seconda volta consecutiva, all'Adamello Ultra Trail 180 con partenza e arrivo a Vezza D'Oglio il prossimo 23 settembre.

mercoledì, agosto 17, 2016

Finisher Iron Trail T201

Ultimi 5km
Hier auf Deutsch

Portata a termine anche questa fatica da 200km e 11500 metri di dislivello positivi. Con un tempo finale di 56h:55':29" ho conquistato il 38-emo posto della categoria uomini su 155 partenti.

Prologo
Giovedì 4 agosto parto da Vienna col treno assieme a Michele alla volta di Davos, Svizzera, dove venerdì 5 agosto partiremo alle quattro del mattino per la gara non-stop lungo le Alpi Engadine denominata Iron Trail 201. La giornata è splendida ma una volta arrivato a Davos sento già i primi sintomi di malessere. Al ritiro pettorale c'è così tanta fila, che approfittiamo per una visita allo Schatzalp, il complesso alberghiero che ha ispirato il romanzo di Thomas Mann "La montagna incantata" e l'ultimo film di Paolo Sorrentino "Youth". Se un centinaio d'anni fa la borghesia veniva in questi luoghi da ogni dove per stare immobile sdraiata sul balcone, ora ci viene solo per non stare ferma.
Una volta ritirato il pettorale, sacche, tracker-gps per il live della gara e salutato Jimmy Pellegrini, serio candidato alla vittoria finale, dopo una cena frugale ci mettiamo a letto con la sveglia puntata sull'orario indecente delle due di notte.

La partenza
Venerdì mattina prima della partenza il meteo è stato di parola e piove a dirotto. Non fa freddo, ma ci vogliono pantaloni e giacca in gorotex. Un tizio si presenta in pantaloni corti e maglietta, ma non ha la faccia di andare molto lontano. Il via alle quattro in punto dopo un canto propiziatorio. Una partenza che non ho mai visto, con i corridori che invece di stare sulla linea di partenza, che rimane deserta, stanno al riparo sotto qualche tettoia. Anche la prima classificata Andrea Huser, già in questo frangente regala ben ventisette secondi sul suo tempo finale, prima di decidersi a partire. Mi aspettavo un breefing pregara con le solite romanzine dell'organizzazione, con eventuali tagli o variazioni a causa del meteo, invece nulla. Ma si, meglio il silenzio. Gli iscritti erano più di duecento, ma il maltempo ha fatto le sue vittime già prima di partire e una quarantina hanno preferito lasciar passare il piovoso venerdì, presentandosi solo al sabato al via della T121. Alla partenza di questa T201 siamo così in 155, inclusi qualche gruppo proveniente dalla Corea, Giappone e Cina.

195km all'arrivo
I primi chilometri li corro in sofferenza ed anche se le pendenze sono basse su strade molto facili, ho già un bel fiatone. Il primo cartello che incontro porta il numero 195, che rappresenta i chilometri che ho ancora da percorrere. Sono tre cifre, allora mi concentro più su quelli percorsi, sei chilometri direi facili.

A Bergün
Dopo quattordici chilometri e la prima uscita a duemila metri incontro fotografo e il primo ristoro. È ancora un po' buio, ma la pioggia è calata sensibilmente. Dopo un breve ristoro, con Michele ci avviamo al primo passo di giornata, il passo Scaletta a quota 2606. Doveva esserci la neve, invece ci sono solo nuvole, la via è abbastanza semplice mentre la vista è un po' limitata dalla foschia. È un ambiente fatto solo di prati, laghetti e sassi al quale non sono abituato.  Dopo un lungo traverso arrivo al secondo ristoro in quota, non ho molto caldo, ma un bel brodo mi rimette in sesto per la lunga discesa verso Bergün. In questi tratti vedo gli addetti della protezione civile che presidiano punti dove l'acqua potrebbe causare delle frane. A Bergün abbiamo messo 38km alle spalle e il morale è ottimo.

Verso Samedan
Dai 1366 metri di Bergün riprendo piano piano a salire. Sotto la ferrovia, in mezzo a splendide cascate, ma la pioggia non molla mai un secondo. Nel gazebo di Naz ci aspetta la prima pasta di giornata. Una volta saliti fino a lasciare la vegetazione ad alto fusto, avviene, come da previsioni meteo, un forte calo della temperatura. Il vento è forte e i miei bastoni in carbonio diventano così freddi che coi guanti da ciclista a dita scoperte non riesco più a tenerli in mano. Non voglio fermarmi a cambiare i guanti, in quanto devo fermarmi, togliermi la giacca, zaino e cercarli, così faccio prima ad infilare i bastoni sotto la giacca.
Per non prendere troppo freddo vado su a razzo con qualche bel guado, correre nel torrente è sempre una gioia. Finalmente arriva la discesa, una piccola serpentina incastonata nella parete verticale esposta al forte vento, con neve e pioggia ghiacciata. Una volta sceso al ristoro di Spinas a 1819 metri, ho tempo per un brodo caldo e finalmente il cambio di guanti. Prima di raggiungere la base vita di Samedan, col primo cambio dei vestiti, c'è ancora da scalare il passo di Margunin a 2426 metri. Una salita che mi mette in grosse difficoltà con la quota che mi mette addosso un gran fiatone. La discesa verso Samedan è così fangosa che mi ricorda quella del Trail del Salame e così, senza mai cadere veramente, riesco a recuperare il terreno perso in salita. A Samedan non sono ancora le 18 e, oltre al cambio vestiti per la notte, m'informo sull'andamento della gara. Jimmy è già a Maloja, in testa, quaranta chilometri più avanti.

Pontresina
All'uscita del punto vita, non ho delle buone sensazioni. Sono vestito troppo coperto e in salita arranco. Quindi via la giacca, via le braghe lunghe e salgo meglio. Poi con la quota il vento aumenta e via che devo rimettere la giacca e poi le braghe. Approccio la salita al Segantini che non è ancora buio, nel compenso nei pressi dei 2731 metri del passo comincia a nevicare forte, con le raffiche di vento che la rendono quasi orizzontale. Qui, nei pressi di un rifugio chiuso dall'aria fantasmatica, indosso guanti in gorotex e lampada. All'inizio della bella discesa saluto un simpatico camminatore che va in  senso inverso al mio, trovando anche il tempo per darmi qualche consiglio sulla discesa verso Pontresina. In discesa il meteo migliora decisamente, riesco a riagganciare Michele così da entrare assieme nel bel ristoro. Qui decido di provare un piccolo sonno da 20 minuti, in quanto ho l'impressione che nel prossimo punto dove potrò dormire sarà di nuovo giorno. Sopratutto c'è in mezzo il Fuorcla Surlej a 2755 metri, il punto più alto della gara, da passare in piena notte fredda.

Dove sei Maloja
L'avvicinamento alla salita è lungo una forestale in leggera salita, sarebbe da correre, ma non ci riesco. Quando comincia la salita vera e propria, ritrovo i soliti problemi di respirazione. In ogni modo riesco a tenere un ritmo costante e una buona navigazione. Al contrario di altri corridori, non ho nessun appunto da fare sulla tracciatura del percorso di ben 200 chilometri, dove non ricordo di aver mai sbagliato strada e solo in  un tratto ho acceso il gps per sicurezza. Al ristoro di Station Murtèl vedo delle facce molto tirate. Al giro di boa di Maloja manca solo una lunga discesa e un tratto pianeggiante, almeno è quello che indica il profilo della mappa. Invece la discesa è tutt'altro che bella, piena di sassi, a volte stretta, a volte in salita e piena d'insidie, sopratutto a livello di navigazione. Una volta raggiunto il lago, che è da percorrere in tutta la sua lunghezza prima di arrivare a Maloja, il morale è sotto i tacchi, anche perché si è fatto giorno. In ogni modo, da qui in avanti, i cartelli dei chilometri mancanti saranno a due cifre anziché tre. A Maloja, dopo aver trovato due materassini liberi, ci concediamo un'ora di sonno nella palestra.

Secondo giorno
Al risveglio il mio umore è nerissimo, però dopo la colazione riesco a riprendere la via con Michele, che al contrario sembra rinvigorito dalla pausa. L'organizzatore prevedeva che si poteva abbandonare la gara a Maloja, o più avanti a Savognin, venendo lo stesso classificati in una speciale graduatoria ed ottenere punti UMTB. Nel risultato finale, però, vedo solo dei DNF e nessuna classifica speciale.
In ogni modo, per quanto mi riguarda, l'abbandono a Maloja non lo considero in quanto non mi fa male nulla, poi, nella giornata di sabato non saprei dove andare e per i punti sono già a posto con quelli che danno coi panini del Subway. Quindi avanti sulla salita dell'ennesimo passo a quasi duemila e sette, il passo Lunghin a 2645. Il cielo è ora blu, il sole è splendido e la temperatura è fresca. In questo frangente Michele decide di cambiare ritmo in salita, ne ha abbastanza del mio ritmo da malato di tubercolosi e parte di gran lena per la seconda metà del percorso.
Raggiungo in solitaria il passo senza grossi problemi, però l'altra parte del passo è decisamente diversa. È una parte immersa nella neve e nella nebbia. Mi tocca rivestirmi e stare molto attento a non scivolare, però almeno la via da seguire è, lungo i calpestii, molto semplice. La discesa verso il ristoro di Bivio è facile e corribile e all'ingresso del ristoro saluto per l'ultima volta Michele, che riparte mentre entro. Lo rivedrò solo al traguardo già fresco di doccia e medagliato.

Fango e scarpe rotte
Al ristoro di Bivio me la prendo comoda e seguo la testa della corsa sul maxi-schermo assieme al gruppo dei gestori del ristoro. Jimmy si è appena fatto superare negli ultimi chilometri finali dalla prima delle donne, la svizzera Andrea Huser e, contrariamente da quanto mi aspettavo, Jimmy non riesce a recuperare in discesa. Durante il massaggio post gara, Jimmy mi rivelerà che è stato un dolore tibiale a rallentarlo in discesa, mentre andava molto forte in salita.
La mia gara, invece,  riprende con nuovi problemi. Le scarpe che alla partenza presentavano un piccolo foro nella tomaia, ora hanno una voragine lasciando entrare di tutto e di più. Anche nella maglietta ho fatto un errore di scelta. La maglia lunga effetto cool, col mio ritmo lento in salita scalda troppo, mentre in cima le raffiche di vento hanno effetto congelante e mi tocca indossare la giacca anche se c'è il sole. Anche se il tempo è ormai bello, il terreno dopo la pioggia di ieri è fangoso e pieno d'acqua e spesso mi ritrovo a lavare scarpe e piedi sollecitandone troppo la pelle. Dietro di me le cose non sembrano girare al meglio e l'elicottero deve compiere un'evacuazione in alta montagna. Mi mancano 85 chilometri al traguardo e una famiglia in passeggiata, con tanto di bambini, mi stacca in salita verso Alp flix. In questo paese, una famiglia seguendo il live al computer mi aspetta davanti a casa nella discesa verso Savognin. Padre e figlio scendono in strada e mi accompagnano per qualche minuto incitandomi a non mollare fino a Davos. Molto emozionante e prometto loro di arrivare fino in fondo.

Da Savognin a Lantsch
Raggiungo Savognin di gran ritmo dopo aver iniziato a superare qualche concorrente. Doccia, cambio vestiti, merenda e pulizia scarpe mi costano molto tempo, ma una volta lasciato Savognin devo tirare dritto fino a Davos. Mi informo sui cancelli orari che mi rimangono, Lantsch è alle 3 di notte, Arosa alle 13:15, Davos alle 20. Lascio Savognin intorno alle 19. Qui il percorso è completamente differente da quello che ho incontrato fino ad ora, quote intorno ai mille metri e strade molto ben tenute e scorrevoli. Però i miei piedi mi fanno sempre più male e faccio fatica a correre. Qui incontro di nuovo il camminatore che avevo incrociato ieri, stessa ora, nella discesa verso Pontresina. Ci scambiano qualche impressione e mi rivela che quest'anno non poteva essere in gara, ma ha voluto lo stesso salutare i concorrenti prima della notte.
Arrivato a Lantsch chiedo l'intervento del medico per vedere se riesce a rimettermi i piedi in sesto. Piedi che sono rimasti in umido troppo a lungo e si sono screpolati. Il dottore mi attacca dei pad di gomma che danno sollievo. Dopodiché mi metto a letto e mi lascio svegliare dopo 45 minuti. Il risveglio è surreale e mi ci vuole un po' a capire dove mi trovo e cosa stia facendo. Dopo un buon ristoro lascio Lantsch all'una di notte.

Il secondo giorno volge al termine
Il dottore mi ha consigliato di camminare con calma, invece, grazie ai suoi pad, vado alla grande ed ho ripreso a correre anche nei tratti di leggera salita. A Lenzerheide il percorso si fa decisamente difficile e dopo un lungo traverso raggiungo il ristoro di Scharmoin. Ma dov'è il ristoro? Semplice, per l'acqua ci sono le fontane, cibo non è previsto e un distributore di bibite regala bevande a chi riesce a trovarlo. Un corridore della T91 che si sta ritirando mi spiega la situazione. Così, sempre in solitaria, riparto verso il prossimo ristoro a 2511 metri lungo una ripida pista da sci. Ancora una volta la quota mi mette alle corde, ma la vista del passo all'alba è grandiosa. Al ristoro prendo tutto il tempo necessario per continuare senza dover più usare la lampada. Inizia il terzo giorno di gara.

Verso Arosa
Prima di arrivare ad Arosa, devo salire sul Weisshorn, tanto per cambiare a 2653 metri. Però il nuovo giorno ha portato delle novità, infatti in salita non ho più il fiatone. Finalmente dopo quattro giorni di pena, il mio fisico sembra si sia adattato alla quota. In salita il passo è ora ottimo e anzi mi dico di stare calmo e non strafare in quanto la gara è ancora molto lunga. In cima, a quest'ora, la vista è a dir poco grandiosa. La picchiata verso Arosa è fantastica e dopo una sosta di qualche minuto, riparto per Davos che non sono ancora le nove e i cancelli orari sono solo un lontano ricordo.

Verso il traguardo di Davos
Da Arosa a Davos mancano solo 18km, meno di una mezza maratona e se uno vuol fare un bell'errore, magari può pensare che in due ore una distanza simile la si fa tranquillamente.
Invece è un continuo saliscendi sui duemila metri e prima di arrivare ai 1568 metri di Davos, bisogna passare sul passo Strela a 2347 metri, con in mezzo un paio di passi intorno ai 2000 metri. In questi chilometri finali trovo ottime sensazioni, supero numerosi corridori che gareggiano in distanze inferiori, in salita non mollo e in discesa vado senza badare a perdite. Infatti non sono molti che hanno segnato un tempo inferiore alle 4h:14' nel tratto Arosa-Davos. Il passaggio al ristorante dello Schatzalp, a tre chilometri dal traguardo, è spettacolare, dove tutti gli avventori applaudono festanti. È una discesa splendida e quando arriva il momento di tagliare il traguardo è una grande emozione.

Per concludere
"Was für ein Lauf", è questo il primo commento che dico all'organizzatore al traguardo. Lui ride e mi risponde in italiano: "Tutti matti".
Duecento chilometri, 11500 metri di dislivello positivi, quasi 57 ore di gara non-stop, sono numeri che non mi lasciano per nulla indifferente. Anche se i piedi non mi entrano più nelle scarpe e solo ora mi fanno un male micidiale, è un orgoglio far parte di quei 64 finisher su 155 che hanno avuto la voglia di provarci. Nonostante l'acqua, il vento, la neve, l'effetto quota, il sole cocente, le scarpe distrutte e abbigliamento a volte sbagliato, tagliare il traguardo in questo modo è un'esperienza indimenticabile.

La classifica finale si trova qui.

Primo ristoro venerdì notte
Piove in riva al laghetto

Samedan, primo giorno pomeriggio
Discesa finale
Schatzalp e Davos sullo sfondo
Al traguardo di Davos, domenica