Sono appena tornato dall'Adamello 2021 dove ho incamerato il primo DNF della mia carriera. Fino ad ora non avevo mai avuto queste tre lettere nel mia classifica finale. Ma prima o poi doveva accadere, e, visto il ritmo delle ultime 4 settimane con 3 gare toste in serie, non può essere una grande sorpresa. Già dall'inizio della gara non avevo una gran brillantezza in salita, ma comunque ero più o meno in linea con i tempi che ho registrato nel 2018, prima dell'allungamento di percorso previsto per quest'anno (Bivacco Linge e Rifugio Valmalza). L'unica particolarità è che quest'anno sono rimasto a lungo nei ristori fin dall'inizio, quasi come se dovessi recuperare sempre una gran quantità di energie.
Il problema principale è stato il piede destro che mi faceva male, sopratutto in discesa, dove il mio ritmo è calato sempre più. Tutto questo abbinato ad un fastidioso mal di schiena che è sopraggiunto in nottata. La notte di venerdì sul Passo dei Contrabbandieri non è stata per nulla facile, ma ho voluto lo stesso raggiungere Ponte di Legno per avere la soddisfazione di aver concluso almeno metà gara. Vale a dire il percorso della 90 senza l'ultimo tratto in piano che da Ponte raggiunge Vezza D'Oglio. Dopo lo Swiss Peak e la maratona di Vienna, la 90 era la gara alla mia portata, mentre la 170 è rimasta una chimera.
Ho smesso sopratutto per non compromettere il mio fisico già provato. Ma non credo, che se avessi continuato per altre 28 ore, magari rischiando una frattura da sforzo sul piede destro, avrei avuto una possibilità di finire la gara. A meno ché non fossi riuscito a trovare un cambio di ritmo, il quale, però, mi risultava molto improbabile in una giornata di sabato di nuovo molto calda e con la minaccia di pioggia nella mattina di domenica. Ho raggiunto la base vita di Ponte per ultimo alle 9:18 di sabato, 1h:42' prima del cancello orario delle 11 in uscita. Ma tutti quelli che hanno lasciato la base vita dopo le 8:44 non hanno terminato la gara, risucchiati dalla durezza della seconda parte o dal cancello del Rifugio Cascata delle 21 che, a mio parere, non era in linea con quello di Ponte (mai riuscito a fare il tratto Ponte - Rifugio Cascata in meno di 10 ore negli anni passati).
Per concludere, torno da Vezza D'Oglio soddisfatto di essere stato in grado di completare perlomeno metà percorso della 170 con un'uscita di oltre 24ore. Ma anche del fatto di aver incassato, finalmente, il primo DNF della carriera senza rimpianti dopo 170 gare in 12 anni di competizioni. Un fattore che stava diventando quasi uno peso, che magari mi avrebbe portato ad infortuni non voluti o a scadimenti di prestazioni per essere sicuro di arrivare in fondo.
Nella tabella qui sotto, ci sono gli orari di passaggio nella ultime 4 edizioni dell'Adamello 170/180 da me disputate (il tempo tra parentesi nella colonna 2017 è il delta con il tempo del 2019).
Anche quest'anno sarò al via dell'Adamello Ultra Trail 170. Le gambe, dopo la maratona di Vienna, sembrano essersi riprese, il meteo, al contrario del 2020, sembra ottimale e allora si parte per Vezza D'Oglio.
Partenza da Vezza venerdì 24.09 alle ore 9:00. Percorso classico da 170 km con 11500 metri D+.
Vago nella notte di mercoledì apparentemente senza meta. Davanti e dietro a me solo il buio. Studio la cartina e non capisco dove si trovi la prossima base vita. Vedo le bandierine del percorso, ma controllo lo stesso la traccia GPS. Accendo il telefono nella speranza che un messaggio mi dica dove sono, cosa sto facendo e di non preoccuparmi che la base vita, come d'incanto, tra poco mi apparirà davanti. Invece nulla. La stanchezza è troppa e mi devo riposare su una roccia, ma fa freddo. L'acqua, che mi scorre a fianco, ha un rumore strano e fa emergere mille voci rubate da passate trasmissioni radio. Non trovo l'interruttore per spegnere tutto questa babilonia ed esausto, devo chiudere gli occhi.
Sabato sera arrivo a Oberwald, sede della partenza della Swiss Peak 360, dopo un lungo ed estenuante viaggio in auto. Sul passo Furka a 2400mslm trovo neve e nebbia, non un bel viatico per la partenza di domenica. La corsa non-stop che mi accingo ad effettuare, attraversa tutta la regione della Svizzera Vallese con 364Km e oltre 26600 metri di dislivello positivo. Si parte dai ghiacciai di Oberwald e si arriva al lago di Ginevra, a Le Bouvret, con un tempo massimo di 6 giorni e 12 ore (156 ore).
Alla vigilia non riesco a risposare al meglio, in macchina fa troppo freddo e la pioggia insistente mi sveglia spesso. A mezzo giorno in punto di domenica il via della gara. L'organizzatore promette niente precipitazioni, ma molto freddo nella notte. Per non sbagliare, parto tra gli ultimissimi e il loro ritmo mi va molto bene.
Mi chiedo quale sia il mio stato di forma. Qualche salita, qualche discesa, tanto per prendere un po' di confidenza col percorso, e poi una salita a tutta che mi mette subito in croce. Non riesco a respirare a modo ed ho freddo. Dopo qualche ora passate in cresta, ho già voglia di buttare la spugna. Se alla prima salita, alla quale ne faranno il seguito una lunga serie, non riesco a stare al passo è meglio che torni subito a casa. In qualche modo raggiungo la prima base vita di Fiesch passata la mezzanotte di domenica e il tempo che ho ha disposizione, prima della chiusura del cancello orario, è veramente poco. Però riesco lo stesso a dormire mezz'ora e a ristorarmi un po'. Riparto assieme ad un gruppo di italiani, con un componente che conosco già dai tempi dell'Adamello. Fintanto che non superiamo i 2500mslm riesco a tenere il ritmo, poi, per i soliti problemi di respirazione mi stacco. Non sono abituato alla quota.
Quando lunedì si fa giorno la situazione comincia a cambiare. Intorno trovo sempre più spesso persone sedute ai bordi del percorso che cercano di dormire e questo fa si che riprenda e superi il gruppo dei miei soci. Questo rafforza la mia fiducia e mi fa ben sperare sulla mia strategia. Vale a dire andare tranquillo tra due basi vita e una volta raggiunta la base vita successiva: dormire, lavarsi, mangiare e ripartire senza perdere tempo.
Arrivo alla seconda base vita di Einsten alle 18 di lunedì e il dormitorio è in una palestra. Scelgo l'ultimo posto in un angolo, attivo la sveglia per le 19:30 e in un attimo la sento suonare. Seguono doccia e cena. Dopo un po' sono già fuori per continuare il mio tragitto. Questa volta da solo. Un percorso che sembra facile, ma che in un attimo cambia e diventa impossibile. Serpentine abolite, solo dritti su dei gradienti impossibili e passaggi spersi su sentieri che sembrano abbandonati. Per poi, d'improvviso, arrivare in un piccolo paese, sede di un ristoro, dove trovo squisite specialità locali come la raclette. Alcuni approfittano del tepore per dormire sotto i tavoli, segno che nella palestra della base vita precedente non sono riusciti a dormire. Mi avvio su una bella salita che è contrassegnata da una via crucis molto a tema. Prima però, il fornaio nella notte esce dalla sua bottega e mi passa 2 brioches calde. Veramente una grande ospitalità. Più avanti, un corridore nella classica modalità "Passo dello Zombie" mi chiede se manca molto al prossimo ristoro. Visto che non siamo ancora all' Ascensione, che è la stazione finale di questa Via Crucis, ma alla Crocifissione, di strada ne manca ancora.
Ad un certo punto il profilo sulla carta si appiattisce e penso che la salita verso l'Augstburgpass concederà una piacevole pausa. Niente di più sbagliato. Si tratta, invece, di un lungo tratto su massi sparsi da saltare, che poi è anche in leggera discesa, da risalire fino al passo. Arrivo in cima dopo non so quante ore che è già martedì mattina. In discesa, invece, vado molto bene e dopo una bella colazione,al ristoro di Bluömatt, dove non mancano omlette e raclette vado verso la terza base vita di Grimentz passando su cime che, quasi quasi, mi danno l'idea di essere facili. Alle 15:15 di martedì sono dentro alla base vita e alle 18:00 fuori dopo il classico riposino, doccia e cena.
All'uscita credo di trovarmi davanti i miei soci della domenica notte, invece sono nuovi amici italiani. Fa lo stesso e in quattro continuiamo assieme verso i quasi 3000 metri della Cabane des Becs de Bosson. Sto molto bene e non faccio nessuna fatica a tenere il ritmo dei miei soci anche a tremila metri. I problemi respiratori del primo giorno sono solo un lontano ricordo. In piena notte i miei compagni decidono di dormire in un rifugio e allora proseguo da solo verso la quarta base vita della Grande-Dixence una diga enorme. La raggiungo in un'ottima condizione alle otto del mattino di mercoledì. Stesso rituale e alle 10:30 sono già sulla via del Col de Prafleuri, il punto più alto della corsa a 2985m. È questo un tratto molto affascinante, denominato il Grand Desert, che in effetti assomiglia molto ad un deserto. Non mancano, però, i soliti massi in discesa che mi rallentano molto. Evidentemente su questo tipo di terreno non mi trovo a mio agio. Il sole picchia molto forte, non ci sono zone d'ombra e il mio ritmo in discesa è ora molto lento.
Al ristoro di Le Plampro ritrovo il clima di festa di paese e invece di dormire un po', mi lascio trascinare dalla compagnia. Si ride e si scherza e poi riprendo a salire coi soliti gradienti impossibili, ma ormai ci sono abituato. Però comincio a sentire la stanchezza e siccome sono abituato a dormire nelle basi vita, chiedo, alla Cabane de Mille verso la mezzanotte, quanto manca alla prossima base vita. Un francese cerca di farmi capire che di ore ne mancano ancora troppe, ma non voglio ascoltarlo. Secondo il mio profilo c'è solo una lunga discesa e, in un paio d'ore, dovrei esserci. Così dopo un breve sonnellino su una sedia, riparto a tutta in discesa. Consumo molte energie e non ho quasi più nulla da mangiare. Ad un certo punto a Prassurny mi dicono che c'è un ristoro a 200 metri. Bene, continuo, ma non lo vedo. La strada sale fuori dal paese e credo che i 200 metri siano di dislivello, come mi diceva il francese al ristoro. Il risultato è che salto il ristoro senza saperlo. Mi ritrovo a Champex Lac e sulla mia mappa è segnato che è la sede di una base vita. Invece non c'è nulla. Il prossimo ristoro sarà a Trient dopo aver passato la cima malefica del Fenetre d'Arpette. Salgo a fianco di un torrente, ma sento numerosi voci, come una ventina di stazioni radio che trasmettono assieme. Non capisco più la mia mappa, continuo ad andare avanti ma non riesco a capire la situazione. Sono nel panico.
È mercoledì notte, il momento più delicato di tutta la gara. Finalmente comincia ad albeggiare e vedo delle lampade che mi raggiungono. Chiedo a tre spagnoli dove si trova la prossima base vita, ma non mi chiariscono bene la situazione del mio profilo. Per compassione mi lasciano un gel e proseguono. Poco dopo un altro corridore mi chiarisce la situazione. Il mio profilo è sbagliato e non è quello di quest'anno. Per la base vita mancano ancora diverse ore, ma ora sono tranquillo. Verso mezzogiorno raggiungo l'ultimo ristoro di Trient prima della base vita che ho appena spaccato un bastone. Una concorrente mi chiede se ho quello di riserva. Le rispondo che in dieci anni non ho mai spaccato un bastone e, nella borsa a rimorchio delle basi vita, ho pensato bene di mettere altre inutili cose.
Con un solo bastone non riesco ad andare bene. Sia in salita che in discesa mi trovo molto male. Arrivo alla quinta base vita di Finhaut alle 14:20 di giovedì che ho il morale sotto i tacchi e un po' di voglia di piantare lì. Se la mente vacilla, il fisico proprio no. Come un automa mi metto a dormire e dopo la doccia vado a farmi medicare un paio di vesciche giganti che mi danno fastidio. Dopo la cena al ristorante sono pronto a ripartire che sembro messo a nuovo. Sono passate le 18 di giovedì. Sulle facili serpentine del Col de Fenestral riesco a fare pratica dell'uso di un solo bastone e la procedura comincia a piacermi. Nella discesa successiva un altro passaggio molto difficile sui massi, ma ormai viaggio con il pilota automatico. Alla diga di Auberge de Salanfe sono di ottimo umore e, dopo un breve sonno, il pieno di energie, riparto per il Col De Susanfe. Peccato essere qui di notte, il paesaggio lunare sembra essere unico. La sesta e ultimabase vita di Les Crosets è ormai questione di poche ore. La raggiungo all'ora di pranzo di venerdì.
Dopo un paio d'ore sono già sulla via per il Lago di Ginevra, ma quello che sottovaluto sono ancora i chilometri, e le ore, che mi separano dall'arrivo. La mia testa mi dice che ormai fino all'arrivo è tutto facile e così mi metto a correre come un forsennato. Al ristoro di Morgins mi fermo quel tanto come se stessi correndo una maratona. Vale a dire troppo poco. A quello successivo di Conches uguale e mi metto addirittura a correre anche in salita. Quando incontro le rampe impossibili del Tour del Don vado, alla fine, fuori giri. Le gambe e i piedi mi fanno male, ho fame, sonno e, ora che si è fatto buio, non riesco più ad andare neanche se mi tirano. Tutto quello che ho guadagnato in queste ultime ore lo perderò tutto con gli interessi. È la dura legge delle gare ultra. La prima e unica pioggia della gara arriva proprio in questo momento e peggiora la situazione. Con un bastone solo comincio a scivolare e a cadere troppo spesso. In un pezzo esposto metto addirittura i ramponi per essere sicuro di non finire di sotto. Dopo cinque ore di pena e soli 12km percorsi raggiungo il ristoro dello Chalet de Blansex. Qui mi prendo tutto il tempo per rimettermi in sesto e metto una pietra sopra al tentativo di arrivare al traguardo tutto di un fiato. Mi dico che voglio arrivare con calma, con la luce del giorno nella giornata di sabato e gustare i pochi ristori che mi separano dall'arrivo. Così faccio. A Taney ci sono degli ottimi funghi, mentre a Freney mi offrono un'ottima trota alla griglia. Gli ultimi chilometri sono una formalità e alle 11:30 (143 ore di gara) di sabato raggiungo il traguardo di Le Bouvret, situato direttamente sul lago di Ginevra, in un grande clima di festa. Dopo un bagno nel lago e l'ultimo ristoro arriva il momento, dopo la doccia finale, di tornare a casa.
Per concludere lo Swiss Peak è una gara molto impegnativa su un terreno per me molto difficile. Il dormire, e il non dormire, è comunque di gran lunga l'elemento più difficile da gestire. La base vita 5 di Finhaut è posta ad una maggiore distanza rispetto alle altre e questo mi ha tolto il ritmo mettendomi in crisi. L'acqua obbligatoria è di un litro, ma può essere messa a due litri senza problemi, però ho perso il tappo della bottiglia aggiuntiva. Almeno duemila calorie dovrebbero essere di riserva per i momenti più critici. Dormire tra due basi vita è estremamente complicato e va valutato con molta attenzione. Io ho dormito solo nelle basi vita con qualche power nap in certi ristori. L'aver saltato un ristoro mi ha messo alle corde. La borsa al seguito è di soli 50 litri. Dentro occorre un sacco per dormire e il resto va valutato con molta attenzione, anche perché è difficile capire il meteo se farà caldo o freddo con una settimana di anticipo.
A parte questi dettagli logistici, la regione Vallese offre degli scenari incantevoli e una grande ospitalità. Per la prossima volta mi riprometto che parlerò meglio il francese.
Non potevo di certo mancare all'appuntamento della ripresa della maratona qui a Vienna. Così, anche con le gambe pesanti, residuo dello Swiss Peak della scorsa settimana, mi sono cimentato con la classica maratona della mia città. Il risultato è riportato qui sotto e, tranne l'andatura più da gara a 24 ore che una maratona, sono molto soddisfatto della gara. Ritmo lento, ma costante fino alla fine e senza troppi sussulti. Forse il pezzo più difficile sono stati i primi 5 km. Un po' di velocità, comunque, nelle prossime settimane non farà sicuramente male.
Terminati gli ultimi allenamenti e rimesso in sesto l'apparato dentale, ormai mancano solo pochi giorni prima del mio via allo Swiss Peaks 360. Non credevo che i problemi dentali portassero via così tanta energia, ma il peggio dovrebbe essere alle spalle.
Lo Swiss Peaks 360 è una gara non-stop che prende il via domenica 29.08.2021 a mezzo giorno e termina sabato notte 5 settembre a mezzanotte (156 ore il limite). Il percorso si snoda lungo 360 chilometri con 26583 di dislivello positivo nelle Alpi Svizzere Vallesi, la parte francese. Partenza da Oberwald e arrivo a Le Bouveret, la sorgente del lago di Ginevra. Una zona della Svizzera per me tutta da scoprire. Il passaggio a Champex sarà lo stesso della gara UMTB, che però si svolgerà qualche giorno prima.
Difficile, per me, fare previsioni in una gara del genere. Un mese fa al Großglockner navigavo nelle retrovie in una gara di un singolo giorno e, in Svizzera, già finire la gara sarebbe un gran risultato. La mia strategia sarà molto semplice, vale a dire andare piano e costante tra le 6 basi vita. Nelle basi vita riposare il tempo sufficiente per riprendere il cammino senza raggiungere lo stato di zombie. Più facile a dirlo che a farsi.
Il live Tracker è quello consolidato del Legendstracking e per chi avesse dei problemi di insonnia, potrebbe provare con la cura del Live della gara per una settimana intera. Si trova su:
La bella notizia, in questo viaggio di cinque ore che da Vienna mi porta a Kaprun, dove parte la gara GGUT, è che la gara si farà. Sono quasi arrivato, ma fino a questo momento non avevo ancora la certezza di prendere il via. La ragione? Il meteo. Non sono mai stato a Kaprun o Zell am See, stazione invernale di grido che di solito registra il tutto esaurito. Anche perché tutte queste ore in macchina, in questo periodo migratorio, non è che agevolino la decisione. In tutti questi anni non sono riuscito a partecipare in quanto ho sempre preferito prendere il via al DirndltalExtreme, che si svolgeva a pochi giorni di distanza.
Due filosofie di gare completamente diverse. Il DirndltalExtreme che nasce dalla passione per le Ultra dell'organizzatore Gerhard e la sua voglia di far provare nuove emozioni ai suoi partecipanti. Le stesse che ha provato sulla sua pelle in giro per il mondo in gare come Bad Water. Dall'altro lato il GGUT con una potente macchina organizzativa, uno sfondo fantastico con le montagne più alte di tutta l'Austria, che non lascia nessun desiderio insoddisfatto.
È il turismo industriale che marcia a vele spiegate da queste parti, dove, nell'offerta estiva non può mancare anche il Trail. Sembra tutto uscito da un master in Event Management, tutto perfetto e professionale. Ma c'è qualcosa che sembra non essere in sintonia, una voce che si ribella ed è il meteo della montagna. Spietato. La gara dei 110Km alla quale ero iscritto, doveva partire alle 22, ma alle 21:45 un signor temporale, come solo le alte montagne sanno regalare, ha messo in chiaro chi è che comanda. L'organizzazione non si lascia prendere dal panico, sposta la partenza di qualche ora, accorcia il percorso di trenta chilometri e fa partire la gara dei 110 assieme a quella degli 80. Trenta ore era il tempo limite iniziale, dieci ore in meno con il taglio, tanto per non fare aspettare troppo per il prossimo temporale.
Alle 2:30 sono già bello sveglio e pimpante dopo una bella dormita nel baule della macchina. Mi lascio abbindolare dal briefing online e alla partenza sono l'unico che si presenta con la giacca Gorotex a tre strati e pantaloni lunghi in nylon anti pioggia. "La crema solare oggi non servirà proprio", con queste parole l'addetto all'organizzazione ci saluta sul bus navetta che ci porta alla partenza. Non faccio neanche in tempo a vomitare per il mal di autobus, che si parte. Siamo un serpentone enorme che parte lungo la ripida pista da sci e dopo alcuni minuti sudo già come una bestia, alla faccia del freddo e della pioggia che non sembrano mai esistiti.
Al primo ristoro decido che il serpentone è meglio lasciarlo andare avanti, che intanto cerco di fare entrare la mia giacca invernale nello zaino. Missione impossibile e così mi tocca metterla a tracolla. Intanto ho già inquadrato il tipo di gara. Salite molto lunghe da camminare coi bastoni, specialità nella quale proprio non primeggio. Le discese, invece, ripide, lunghe e spacca quadricipiti con l'inciampo sempre dietro l'angolo non sono da meno. Insomma, tranne qualche rara e facile forestale, non è che abbia tutta quella voglia di spingere. Faccio il turista, mi gusto il paesaggio e mi abbrustolisco le braccia e il naso sotto il sole cocente dei duemila metri, con la giacca gorotex sempre nei piedi che sbatte dappertutto.
Nel primo pomeriggio comincio a prenderci gusto e passo il punto più alto ai 2600 metri prima del maltempo, così da essere sicuro di non essere fermato per evitare pericoli. Quello che mi sorprende, qui, è un passaggio sulla neve in discesa in grande pendenza, che è diventato un binario da pista da fondo. Impossibile stare in piedi e così scendo come i miei soci di fianco, vale a dire da seduto, ma senza slittino, tanto per scaldare i glutei e decidere che ho bisogno di nuovi pantaloni. E pensare che mi ero portato anche i ramponcini sperando che l'organizzazione ci obbligasse a metterli nello zaino.
Sono qui al Großglockner sopratutto per provare un po' tutto in vista dello SwissPeak. Così tiro fuori una borraccia con filtro nuova di zecca e provo a filtrare e bere acqua che trovo in giro. L'attacco di diarrea che mi viene dopo, magari potrebbe non avere niente a che fare. Nella lunga discesa da 1900 metri di dislivello provo finalmente a forzare. Un appoggio sul bordo un po' troppo ardito e subito precipito di sotto. Ma con due giravolte mi trovo nel tornate di sotto e posso continuare come se niente fosse a distruggere, per il nulla della gloria, le dita dei piedi. Posizioni conquistate duramente e perse in un attimo per un lungo pitstop nel punto più facile e veloce della gara, col pensiero se non sia capace di filtrare l'acqua oppure dare la colpa agli antibiotici che ho appena finito di prendere per un ascesso dentale.
Con il morale sotto i tacchi e l'unico pensiero di non finire oltre il tempo massimo, affronto gli ultimi venti chilometri con il meteo che ha deciso, finalmente, di vendicarsi sui polentoni. Quando i primi sono già arrivati sotto il sole per la gioia dei fotografi e fiumi di birra, ecco che la montagna decide di dare un taglio a questo brodo di giuggiole. Oppure dare un senso al materiale che mi sono portato durate tutta la giornata. Così arrivo all'ultimo ristoro che piove a dirotto, vento freddo e tuoni in lontananza in sottofondo. Alcuni decidono subito di abbandonare, un altro paio decide di prendere il "tele trasporto" in coppia che permette di guadagnare mezz'ora e superare con il dono dell'invisibilità. Però questo clima e tipo di terreno comincia a farmi ricordare che sono ancora in gara, e nella discesa fangosa trovo finalmente un terreno adatto per recuperare diverse posizioni pensando in inglese. Concludo dopo 18 ore e 21 minuti con la 229-ema posizione finale, che se ci fossero stati ventimila partecipanti non sarebbe poi stata così male. Ma su 314 partenti, non è che poi mi dia tutta questa fiducia in vista dei prossimi appuntamenti.
Che dire alla fine di questo GGUT. Solo per il fatto di non aver potuto disputare la 110, mi fa venir voglia di tornare subito l'anno prossimo. E poi l'anno ancora dopo, perché magari ci sarà una sospensione o un blocco per il temporale. Ma prima di guardare avanti, un po' di nostalgia in quel DirndltalExtreme c'è ancora tutta. Le sue montagne particolari, il ritrovo, il gruppo ridotto, le lunghe ore di corsa continua sui dolci profili, la fibia finale e il Käserkrainer all'arrivo.
Guardiamo avanti.
Dirndltal Ultima edizione 2019. Ultimo abbraccio finale con l'organizzatore Gerhard Lusskandl
Venerdì mattina 31.07 partirò da Vienna con destinazione Kaprun per partecipare al Großglockner Ultra Trail. Saranno 110 km per 6500D+ tutti in ambiente alpino alle pendici del Großglockner, la vetta più alta austriaca.
Partenza in notturna alle ore 22 di venerdì, con il live della gara al link di datasport (pettorale 40).
Archiviato l'Hochwechsel Trail, luglio continua con l'avvicinamento allo Swiss Peak360 per la fine di agosto.
Lo scorso fine settimana sono passato a Bad Blumau per assistere alla gara delle 24h/12h. Quest'anno mi sono accontentato del pettorale di beneficenza per accompagnare amici durante la competizione delle 12 ore, senza, come ho fatto lo scorso anno, provare delle avventure nella gara delle 24 ore.
Sono appena tornato da Kirchberg am Wechsel dopo un fine settimana di gare. Ho partecipato a tre delle quattro gare in programma e sono stato l'unico, tra tutti i partecipanti, che ha fatto questa scelta:
Era anche possibile partecipare ad una classifica Titan completa sui tre giorni, ma bisognava scegliere, per il secondo giorno, la variante maratona da 44km, anziché quella ultra da 79 Km. Visto che l'unica gara che a me veramente interessava era la Ultra, ho deciso di aggiungervi anche la gara del giorno prima e quella del giorno dopo, rinunciando purtroppo alla classifica Titan della combinata.
L'aspetto più difficile, nel mio caso, è stato quello di prendere il via in gare di diversa lunghezza con partecipanti freschi e motivati a dare tutto nell'ambito della stessa giornata. Unica eccezione i dodici partecipanti alla classifica Titan, coi quali ho condiviso la partenza del primo e del terzo giorno.
Il primo giorno, sulla gara dei 10km, l'unica incognita che mi riguardava è stato il ritmo da tenere in gara. Ho scelto di stare sempre tranquillo sia in salita che in discesa per non compromettere le gambe nei giorni successivi. Strategia che mi è riuscita fino al km 9 dove poi ho deciso di fare l'ultimo chilometro a tutta. Tanto per recuperare un po' di posizioni perse nei vari tratti di discesa, ma anche caricare inutilmente i quadricipiti per il giorno successivo. Gara finita in 52':17" al 17-emo posto di categoria.
Il secondo giorno di gara è stato, invece, il più semplice da gestire. Non molti partecipati, ma tutti super motivati. Non ricordo una partenza del genere in una gara ultra. Vale a dire, per quelli davanti, sui primi chilometri pianeggianti, un ritmo sotto i 4min/km che ha poi tirato tutto il gruppo. Così, per me, stare in fondo è stato molto semplice e dopo alcuni chilometri ho anche fatto la conoscenza della scopa, che accompagnava l'ultimo corridore. Essere ultimo al secondo ristoro dopo 20km di corsa su 80 non mi ha mosso di un millimetro e sono rimasto fedele alla mia strategia. Vale a dire gestire le gambe in vista del finale e per la gara del giorno successivo. La mia fatica è terminata dopo 12h:5' con il 12-emo posto di categoria trovando anche la possibilità di recuperare qualche posizione nelle discese finali senza strafare.
Il terzo giorno di gara è stato quello più difficile. Non per le gambe, che erano sopra le mie aspettative, ma per il fatto di partire con gente fresca pronta per una mezza maratona. Una partenza ad un ritmo allucinante che mi ha costretto a stare subito in fondo al gruppo. Al primo dei due ristori sono così arrivato ancora ultimo assieme alla scopa. Come il giorno precedente non mi sono affatto perso d'animo ed ho continuato del mio passo. Poi, verso la fine, ho recuperato diverse posizioni specialmente nella discesa finale, dove ho lasciato andare le gambe. Gara finita in 3h:28' per la 22-ma posizione di categoria e una citazione di merito finale dello speaker.
Chiudo questi tre gironi, che hanno segnato il mio ritorno alle gare dopo mesi di pausa forzata, con un bilancio molto positivo in vista delle gare dei prossimi mesi. Anche se il terzo giorno non sono riuscito a stare vicino a quelli che hanno partecipato alla classifica Titan, mi ha soddisfatto il controllo che ho avuto durante i tre giorni di gara. Nei miei prossimi appuntamenti, primo fra tutti il Peak360, saranno decisivi un'ottima gestione del fisico e un grande controllo nei diversi giorni di gara.
A pochi dalla partenza dell'Hochwechsel Trail ormai credo proprio che non ci saranno cambiamenti dell'ultim'ora.
Così venerdì 11.06 sarò a Kirchberg (AUT) al via della prima giornata gare sul percorso di 10 Km con 210D+. Questo il programma completo:
Venerdì 11.06.2021: 10 Km 210D+, partenza alle 17:30
Sabato 12.06.2021: 79 Km 3300D+, partenza alle 5:30
Domenica13.06.2021: 25 Km 1120D+, partenza alle 9:00
Non parteciperò alla combinata sui tre giorni in quanto, per potere entrare in questa classifica, occorre essere iscritti al sabato sul percorso dei 44km, mentre, invece, ho optato per il percorso da 79km.
3 giorni di gare sull' Hochwechsel il prossimo 11 giugno? Senza privilegi di categorie varie? Senza che, per correre sulle montagne bisogna chiedere un favore a qualcuno, un foglio speciale o sfruttare qualche lacuna legislativa?
Non ne ho la minima idea.
Però mi piace molto l'idea di poter ricominciare da lì. E se anche stavolta arriverà la solita la mail, che ricevo di solito in questo periodo del tipo "spiace ma" e via di questo passo, non farà una gran differenza di una più o una meno.
È solo la piacevole impressione che lo "stiamo fermi per paura di" stia pian piano lasciando il passo all' "andiamo avanti nonostante che", che mi ha fatto subito iscrivere.
Di solito di questi tempi, con la primavera che esplode, vado a trovare un po' di sollievo in montagna. Di solito a Maria Schutz. Solo che da un paio di settimane c'è la novità che per tornare (si tornare) a casa da quel paese, montagne comprese, mi serve un foglio firmato da qualcuno che non conosco, che dopo avermi piantato un cottonfioc nel naso mi dice che, a suo parere, dopo aver visto delle linee su un vetrino, posso ritornare da dove sono venuto. Foglio che potrei, con la stessa procedura, anche fare prima di partire (si prima), se non mi garba farlo al ritorno, basta che sia recente.
Quindi niente montagna? No, basta lasciare andare avanti (non indietro) la macchina un'altra ventina di minuti, che, per fare una corsa sui monti senza incontrare un'anima viva ma senza nessun lascia passare per tornare a casa, non ci sono problemi.
Ho scelto Veitsch in quanto è un posto che conosco molto bene e con la neve che non è ancora sciolta oltre i mille metri, meglio andare sul sicuro. Quando arrivo al paese mi accoglie il cartello enorme che annuncia la classica gara sul monte Veitsch il prossimo 26 giugno. Visto che la gara Mozart100 è per me rimandata al 2022, la gara di Veitsch sarà un appuntamento da non perdere. Sempre che, come al momento dell'iscrizione viene fatto notare dall'organizzatore, la gara possa prendere il via.
Sul percorso della gara, che tra l'altro è già segnato come si dovesse partire oggi, ho smaltito un po' di raucedine da pollini di betulle in mezzo ai miei amici fidati pini. Una garanzia. Per quanto riguarda il risultato dell'allenamento, ho pienamente centrato il mio obbiettivo di Aprile. Vale a dire quello di non essere in forma in questo mese. Obbiettivo raggiunto con bravura.
Il bello di scrivere su questo blog è quando cito una gara alla quale vorrei partecipare, poi mi tocca disdire. Quindi un nuovo post è assicurato. Con la Scozia ho fatto appena in tempo a scrivere il post precedente, che subito il giorno successivo è arrivato il rinvio. Per la Scozia, quindi, appuntamento rimandato al 2022. Così, come quando ci saluta alla fine di una vacanza: "Si ci vediamo certo, vienimi a trovare, non mancherò" e si sa come vanno a finire questo genere di saluti.
Siccome mi piacerebbe scrivere ancora, ho deciso di mettermi avanti e di scrivere l'elenco delle gare alle quali sono già iscritto fisso, così che perlomeno dovrò aggiornare la situazione.
Partiamo con la Mozart100 il prossimo 16 giugno 2021.
A seguire il GGUT 110, vale a dire il Großklokner Ultra Trail il 31.07.2021.
In agosto ancora qualcosa di nuovo, in Svizzera il 29.08.2021 lo Swiss Peak 360.
Queste sono le gare alle quali sono già iscritto. Tranne la Svizzera, sono pettorali rinviati nel 2020 e passati al 2021. Poi ci sono appuntamenti fissi come il Wien Rundumadum, al quale, però, non sono ancora iscritto. Poi chissà, gare che magari nasceranno strada facendo.
Dovrei scrivere anche altre cose, ma non servirebbero alla causa. Meglio affinare la playlist da usare in gara, che in questa fase sono anche riuscito ad aggiustare le cuffie che ho usato in moltissime gare. Cuffie che non vengono più prodotte.
Per la playlist penso che serviranno almeno altre due o tre canzoni degli 883.
Sono diversi i pensieri che girano in questo periodo, ma questo è il mio blog sulla corsa e non voglio andare fuori tema.
Se c'è una possibilità, anche minima, per essere al via della prossima capewrathultra il 23 maggio 2021 prossimo, penso proprio che ci sarò.
La Cape Wrath Ultra è una corsa a tappe che dura 8 giorni lungo la costa occidentale della Scozia. Una sorta di proseguimento del percorso iniziato lo scorso con la Spine Race. Circa 400 i chilometri totali. Ma penso proprio che il chilometraggio totale non sarà di certo la parte più impegnativa. Bensì saranno il terreno, la navigazione, la gestione della gara lungo gli otto giorni e, sopratutto, raggiungere la linea di partenza.
Non sono abituato alle gare a tappe, che ho effettuato solo una volta in tutte le mie gare. È stata la mia prima gara ultra in assoluto, quella sul monte Ötscher, che prevedeva due tappe in due giorni successivi. Il ricordo del secondo giorno non è stato così piacevole e da allora ho sempre evitato questo tipo di gare. Anche se va detto, che le corse a tappe sono molto rare e il mio fisico, col tempo, ha imparato ad aspettare prima di inchiodarsi completamente dopo una notte passata a letto.
Di questi tempi, negli anni passati, ero abituato a citare le gare che andavo ad effettuare durante l'anno. Questa volta, però, anche se la mia stagione è in teoria già piena di iscrizioni, voglio andare un passo alla volta. Se le mie sensazioni di questo periodo stanno cambiando, quasi come una premonizione di risveglio collettivo, so che basta molto poco per cambiare atteggiamento e tornare nello stato del dopo Wien Rundumadum.
Nel frattempo ho cominciato, quasi per caso, a studiare le mappe, provare del materiale, ordinarne di nuovo e ascoltare musica scozzese.
Con la fine del 2020 è arrivato, come promesso, il momento di tirare le somme.
Un'occhiata all'elenco delle gare effettuate mi dice che sono partito solo 4volte con un pettorale ufficiale attaccato alla maglia. Anche se il sito della statistica DUV riporta un chilometraggio di 693km, molto in linea con gli anni passati, non credo che il paragone abbia molto senso. Con una gara da 268miglia come la Spine in gennaio è facile falsare la statistica. Sopratutto quando reputo, questa gara, più un finale allungato della stagione 2019, che non la prima gara del 2020.
Sulla Spine niente da dire. Ottima condizione atletica costruita nella seconda parte del 2019, molti errori da principiante in gara per quanto riguarda navigazione, materiale e tecnica di corsa nelle torbiere, ma il risultato finale è stato per me veramente sorprendente in modo positivo. La condizione che avevo al quarto giorno mi rimarrà impressa a lungo.
Poi l'improvviso cambio di rotta delle gare, vale a dire assenza totale per 5 mesi, mi ha portato ad una pausa, o meglio ad un calo di allenamenti, che hanno portato ad uno scadimento della condizione.
Sono troppo abituato alla costruzione della forma usando principalmente le gare. Se posso usare solo molte settimane di soli allenamenti prima di una gara, faccio molta più fatica. Non credo sia stato un caso, se nel 2019 sia riuscito a tirare fuori la mia migliore prestazione nel DirndltalExtreme alla mia seesta partecipazione. Nelle gambe avevo ultra come Ötscher, Mozart e Veitsch corse solo qualche settimana prima, volendo, con risultati altalenanti e quasi scadenti, ma mi sentivo molto a posto fisicamente.
L'impatto con la 24 ore di Bad Blumau 2020, invece, è stato devastante. Una prestazione inguardabile, che ha avuto solo un senso: quello di fare il primo passo per rientrare nella giostra delle gare ultra. Una giostra facile da gestire quando faccio una gara al mese, ma veramente difficile quando mi tocca rientrare dopo una lunga assenza, con una testa magari da altre parti. Un primo passo che purtroppo è rimasto isolato, in quanto la scelta delle gare non ha avuto la fortuna necessaria per concretizzarsi.
Dopo aver disputato un Hoch Wechsel Trail con buone speranze per il prosieguo, il rinvio dell'Adamello mi ha lasciato solo con l'ultima gara stagionale del Wien Rund Umadum (giro attorno a Vienna). Una gara in cui per fare dei risultati scarsi devo essere messo male fisicamente. Quindi mi aveva dato una certa speranza. Il risultato finale non è stato il peggiore, ma con un pacer per gli ultimi 50km, un'ottima prima parte e delle gambe senza le scorie di una stagione ultra logorante che volge al termine, francamente, mi sarei aspettato di più. Però va detto, che è stata una delle gare più belle e divertenti che abbia mai fatto.
Forse, in certi periodi, la voglia di prestazioni semplicemente lascia il posto ad altri valori. Mi sono anche chiesto, più volte, se questo non fosse il momento giusto per scendere dalla giostra delle ultra. Ormai le gare alle quali ambivo, e che avevo come obbiettivo che sembrava irraggiungibile, le ho portate al termine. Anche se ci sono moltissime gare alle quali non ho mai partecipato, non vedo la regione per cui debba farlo. La ragione per cui non ho smesso è la carica che queste manifestazioni riesce a darmi. Quando comincerò a non svegliarmi più alla mattina presto senza sveglia per poter partire ad una corsa, quando la preparazione della borsa la sera, o le sere prima, diventerà un peso, il viaggio e la logistica diventeranno un fastidio, allora, credo, sarà arrivato il momento di scendere.
Nel frattempo il 2021 promette di essere un bell'anno intenso e lungo. Ma lo doveva essere anche il 2020, quindi meglio non farsi troppo illusioni e gustarsi quello che viene. Per esempio quest'ultima uscita del 2020, giorno di San Silvestro, questa volta non sul Ring viennese, ma sul percorso del Lind Kogel Trail con il team "Grazie Mille" al gran completo. Davvero bello.
Con la settima edizione del Wien Rundumadum (WRU) 2020 si conclude la mia stagione delle gare per quest'anno. Però tirerò le somme stagionali in un post dedicato. Ora parliamo del WRU 2020.
In questo periodo, trovare un organizzatore che riesce a mettere in piedi una gara podistica reale è veramente difficile. Al WRU sono iscritto, come ogni anno, quasi in automatico e quest'anno non fa differenza. Quello che è diverso, di solito, sono le mails degli organizzatori, che magari aprono con un "ci dispiace ma..." e così via. Credo che il WRU abbia mandato, nelle ultime settimane, almeno 4 mails. Ogni volta che le apro mi prende una strana sensazione. Invece il contenuto è rassicurante. Spiega le nuove modalità di gara e niente sembra fermare gli organizzatori.
Come sono queste modalità? Senza ristori, o meglio con borse preparate prima dal corridore che vengono portate in sei punti prestabiliti. Partenza con la maschera e distanziati di venti secondi gli uni dagli altri. All'arrivo solo la possibilità della doccia, foto ricordo con medaglia e sacca finisher. Il mio slot di partenza è alle 5:47 di sabato mattina.
Prima del cambio di modalità, ricordo un centinaio di iscritti. Dopo il cambio del regolamento, sulla lista di partenza sono comparsi in settanta. Alla partenza vera e propria, nel giorno di Halloween, siamo solo in 57. Quest'anno non posso andare al via in metropolitana e decido per la bici. Trovo il modo di trasportare tutte le mie sacche per i ristori, ma arrivo alla partenza tardi. A questa logistica non sono abituato e si vede.
Il meteo di primo mattino è abbastanza umido e ventoso. La pioggia caduta nella ultime settimane mi ha fatto propendere per usare un assetto "inglese" con calze impermeabili, già provato in una mia ricognizione due settimane prima.
Partire dalla posizione 53 su 70 è un arma a doppio taglio. Specialmente quando mi aggancio ad un tizio (Stefan), che alla fine arriverà quarto e partito subito dopo di me, col quale, senza nessuno sforzo apparente, risaliamo tutto il gruppo.
Fino alla salita del Nase riesco a tenere un ritmo prudente, poi sul percorso del Winter Trail, il ritmo degli ultimi anni su queste strade prende il sopravvento. Non ho tabelle da seguire, voglio solo divertirmi andando al ritmo che più mi piace.
Dopo Marswiese arriva il primo punto di fango pesante. Complice un ponte in costruzione e la pioggia, quest'anno devo affrontare anche un guado. Da non credere, sono euforico. Qui tengo un ritmo alto, forse troppo e le gambe cominciano a piombarsi prima di arrivare al primo checkpoint. Qui ritrovo la mia sacca con dentro una bottiglia d'acqua e delle barrette. Ora, però, decido di passare sulla difensiva. Se voglio arrivare fino in fondo con un ritmo decente, devo rallentare, sempre che non sia troppo tardi.
Verso il Lainzertiergarten ho un buon ritmo, sono sempre solo e da dietro non mi ha ancora superato nessuno. Stefan è rimasto un attimo dietro ad aspettare due freschi accompagnatori che lo scorteranno lungo il Tiergarden.
In queste leggere salite ho i primi segni di cedimento e il terzetto composto da Stefan e i suoi pacer mi stacca leggermente. Lungo il muro del Tiergarden in discesa, però, il single track fangoso mi regala un ottimo momento e riaggancio Stefan. Lui in un primo momento non lascia la presa, mentre i suoi due pacer, in queste condizioni, non riescono a tenere il nostro ritmo. Dopo un piccolo guado e fango rimango addirittura da solo con Stefan che poi rallenta per aspettare i suoi pacer.
È il mio tratto più bello, quello che più mi rimarrà nel ricordo di questa edizione. Anche se so di essermi giocato gambe ed energia non mi preoccupo più di tanto. Nel passato ho già avuto occasione di gestire il ritmo gara più a modo e con risultati finali migliori.
Alla salita successiva il terzetto mi aggancia e mi stacca. Li posso solo osservare mentre si allontanano verso un tempo finale che, per Stefan, comincia con il numero tredici, mentre per me chissà. Non che non sia in grado di farlo, ma sicuramente non con un terreno così pesante e non con questo stato di forma. Ma questo non mi preoccupa. Vado col mio ritmo e lungo il Liesing ritrovo un'ottima gamba.
A Kledering mi aspetta mia moglie, come negli ultimi anni, per un ristoro completo. Non sono zavorrato nelle gambe come lo scorso anno e il morale, nonostante le difficoltà in salita, è ottimo. Le gambe, per ora, in pianura vanno bene. Invece riesco a fare degli errori al ristoro. Primo dimentico di cambiare la lampada, tenendo quella della partenza che non fa luce. Secondo bevo un succo di limone (mai provato prima) e mangio un panino con la nutella che mi inchiodano lo stomaco all'istante. Non riesco più a correre. Solo davanti al cimitero (per la prospettiva di finirci dentro?) riesco a sbloccarmi, ma sono in affanno e il ritmo che avevo prima della pausa è solo un lontano ricordo.
All'ingresso della Lobau mi aspetta il mio socio Sigi che ha deciso di accompagnarmi durante gli ultimi 50 km. La sua presenza mi ridà slancio e lo stomaco sembra essersi calmato. Così riusciamo a trovare un ritmo decente fino all'uscita del bosco lungo 12km. Però il mio motore non funziona bene. Sempre più spesso devo passare al passo, anche se le gambe non mi fanno male, ma ho il fiatone e sono in affanno. Quando Sigi mi passa del cibo salato, mi accorgo della dimenticanza che ho fatto quando ho preparato le sacche. Le solite barrette, infatti, mi hanno stancato. Mentre i cibi salati, che ai ristori non mancano mai, nelle mie sacche non c'erano.
La sera di luna piena è molto bella. Sigi mi presta la sua lampada, che con la mia quasi non riesco a vedere neanche i piedi. Il passo chiacchierato diventa frequente e non c'è prospettiva né di raggiungere qualcuno, né di essere superati. Il record personale sul percorso è da tempo andato e la prospettiva di arrivare al traguardo per poi doverlo lasciare subito per evitare assembramenti, non è che mi metta tutto questo entusiasmo. Anzi, vado volentieri di passeggiata assaporando il percorso degli ultimi chilometri riamasti, coi ricordi delle passate edizioni che riaffiorano. In questa che sarà, quasi sicuramente, l'ultima gara dell'annata, ora mi sembra di sfogliare l'album dei ricordi delle passate edizioni. E posso avere fretta ora? Il corpo si ribella subito ad ogni aumento di ritmo accennando dolori inesistenti ai quali rispondo con un bel va bene così, andiamo piano.
Dopo 16 ore e 16 minuti taglio il traguardo con grande tranquillità in undicesima posizione. L'organizzatore mi fa notare che, al momento, sono il secondo ad aver completato tutte e 7 le edizioni del WRU. Gli rispondo che sette è un numero da amatori, vediamo quando arriveremo a quindici o venti edizioni. In ogni modo il terzo, ed ultimo, di questa ristretta cerchia è ancora sul percorso e non mancherà di certo di arrivare, anche lui, al traguardo. Ora siamo rimasti solo in tre ad aver completato tutte le edizioni. La classifica finale si trova qui. La traccia del primo tratto qui.
Per concludere, il WRU per me rimane la gara del divertimento. Quella che chiude la stagione e non può essere ridotta solo al cronometro o alla posizione finale. L'edizione di quest'anno, se confrontata con quelle degli anni precedenti, veramente di un altro livello per difficoltà di terreno e gestione. Non credo sia un caso se quasi la metà degli iscritti non si è presentata al via. In ogni modo, l'appuntamento per il 2021 è già fissato.